Poche voci al mondo riescono ad emozionarmi, una di queste è sicuramente quella di Eddie Vedder.
Con il suo timbro particolarissimo, riconoscibile fin dalle prime sillabe, caldo, pieno al punto da riempire tutta l'aria dello spazio in cui si trova, che sia questa una piccola stanza o uno stadio immenso, dolce, ma capace di arrochirsi ed incresparsi per regalare momenti di rabbia alternata alla calma di un mare d'olio al tramonto.
Le note non si fermano in "maschera", ma salgono dalle cavità nasali e arrivano a far vibrare ogni capello e ogni singolo neurone. Un'intensità vocale come quella di Vedder raramente si riesce a trovare.
I suoi compagni d'avventura non sono da meno: ognuno è signore e padrone del proprio strumento, Gossard tesse sempre trame chitarristiche perfette, è lui il genietto nascosto di questa band, la mente nascosta e volutamente in ombra.. McCready sfodera sempre assoli alcoolici degni di lode, e i due si intendono alla perfezione nel far dialogare le proprie chitarre.
Ament, il piccolo folletto con un basso in mano, sempre presente, svolge il suo dovere in modo impeccabile e con le sue linee ha sempre dato la direzione giusta alla sezione ritmica che ha visto alternarsi, nel corso degli anni, diversi virtuosi delle pelli (ultimo e ormai in pianta stabile, come ben saprete tutti, il grande Matt Cameron - subito abile arruolato).
In questa performance, rilasciata dai Pearl Jam ai Kaufman Astoria Studios, Queens, NY, il 16 Marzo del 1992, ad accompagnarli nel viaggio c'è Dave Abruzzese, ottimo batterista a mio avviso, (in un commento avevo letto che, tra i tanti che si susseguirono, lui restava quello ideale per la band), caratteristico per l'uso del piatto splash e per una buona velocità con la singola cassa. L'unico difetto imputabile era la troppa forza nel percuotere le pelli, che si può notare soprattutto in questa prova acustica, dove la batteria tende un po' a sovrastare il resto degli strumenti.
L'intro è affidato all'evocativa "Oceans", accompagnata da soffici linee di basso e scrosciate di piatti, chitarre soffuse e Vedder che disegna nell'aria linee vocali quasi palpabili. La splendida "State of love and Trust", traccia composta per la colonna sonora di "Singles - L'Amore è un gioco" (1) alza subito il tiro con quel bellissimo giro di chitarre e Abruzzese che ci delizia con una prova superba, mentre Vedder arrochisce il tono e lascia sorpresi per trasporto ed intensità di esecuzione.
"Alive" non ha parole di commento, è forse il pezzo più famoso, il capolavoro evocativo per eccellenza della band, qui riproposta fedele all'originale, specialmente negli assoli di chitarra, che, anche se eseguiti alla perfezione, perdono però un po' di intensità, questo forse dovuto ai suoni leggermente bassi dei due strumenti. Vedder, in forma veramente smagliante, vista l'ancor giovane età, trascina il gruppo in un'emozionante "Black" in cui l'unica pecca, a mio parere, la troviamo nell'esecuzione leggermente più lenta e poco convinta.
Tutto si appiana con "Jeremy", il solito ed unico Vedder ci regala ancora una gemma vocale, e le chitarre riescono ad emergere dal suono di batteria, complici anche le pennate più incisive e convinte. Si nota specialmente nella successiva "Porch", il pezzo più tirato in assoluto di questo Unplugged, la ritmica e l'assolo sono impeccabili, seguiti a ruota da un indiavolato Abruzzese. Qui viene lasciato spazio all'improvvisazione nel mezzo, dove tutto si placa un po', per poi riprendere a ritmo vorticoso e forsennato fino alla fine.
"Even Flow" in versione acustica è curiosa da ascoltare, perde un po' la sua forza evocativa, la sua primitività, per trasformarsi in un gradevole e tirato blues rock dai toni forti, uniti a dolcezza nel ritornello, con un grande intermezzo chitarristico, sfumata anche qui con i volumi, prima dell'esplosione nel finale.
Una fantastica "Rockin in the Free World", cover del padre spirituale di Eddie, Mr. Neil Young, chiude degnamente questa prova acustica, non famosa come quella di Nirvana ed Alice in Chains, ma altrettanto degna di lode.
(1) Film del 1992 di Cameron Crowe, che racconta l'aria respirata a Seattle nel periodo di massimo splendore, con Matt Dillon, Bridget Fonda, Campbell Scott, Kyra Sedgwick. Si possono intravedere, in una scena, gli stessi Pearl Jam comparire come attori, Chris Cornell, che esegue anche la bellissima "Birth Ritual" con i Soundgarden, e gli Alice in Chains che suonano "It ain't like that" e "Would". Cornell aveva anche tentato, fallendo, il provino per il ruolo di protagonista, assegnato poi a Dillon.
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