Se cercate qualche informazione in rete scoprite che Peggy Honeywell è il nome della protagonista di un romanzo pubblicato in Italia nella serie Harmony (!?)
Se ascoltate il disco forse vi domanderete se esista qualche relazione tra la musicista e l’intrigante e misteriosa proprietaria di bed & breakfast descritta in quel libro, che possiamo immaginare non propriamente un capolavoro.

Dietro il concentrato di dolcezza di questo buffo pseudonimo si cela Clare Rojas, da Philadelphia, nota anche per la sua attività di pittrice.
E questo Faint Humms è il suo secondo album.
Nell’esordio, “Honey for Dinner”, si avvalse della produzione di Paul Oldham (fratello di Will) e della collaborazione di David Pajo (Slint, Tortoise).

Questa volta decide di far tutto da sola.
Le sue parole, una chitarra acustica, un banjo.
15 canzoni di una semplicità disarmante, quanto il timbro della sua voce che mantiene la velata promessa dello pseudonimo: una dolcezza soffice ed intima, alla quale è facile abbandonarsi.
Nessuna tentazione di “modernità” In Faint Humms: niente folktronica, niente new country.
La forza delicata del suo disco sta nel donare alla linearità e all’immediatezza delle canzoni, che scivolano tra il bluegrass e il country folk, una naturalezza che le trasporta dal luogo solitario e silenzioso dal quale sembrano aver spiccato il volo sino alle nostre orecchie, mantenendo una leggerezza che consente loro di suonare immediatamente intime e sincere.
E fresche. Come risvegli nella tenue brezza di mattini che si aprono su giornate luminose, dove tutto è possibile. Sia che il cielo viri il proprio colore in una malinconica scala di grigi, sia che ci si ritrovi attorno ad un piccolo fuoco, acceso in una prateria casalinga, ascoltando un brevissimo racconto sulle note di un banjo.
Sia che, come nella penultima traccia, “Humms”, anche le parole finiscano per risultare inutili.
Le abbandoniamo fuori dell’uscio e lasciamo che sia il suo lieve sussurro a labbra chiuse a suggerirci tutto, ad accompagnarci dentro una sera che arriverà recando il suo impercettibile mistero.

Un disco breve (31’32’’) certo non un capolavoro, che suona umile e fraterno.
Una sosta in compagnia di una voce che mi piace ascoltare, mentre tutto intorno troppa gente continua a sbraitare sensazionali novità e spuntano come funghi poeti pervasi di pathos che reclamano la nostra attenzione.
Un breve disco che però potrebbe annoiarti a morte, amico, per via della sua assoluta semplicità.
O forse perché detesti il miele.
I samples forse ti aiuteranno a scoprire se vuoi correre il “rischio”.

Io esco a fare una passeggiata con lei.
Ci si vede.

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