Si può definire una recensione quello che sto cominciando a scrivere? E che ne so, forse, forse no, l'unica certezza è che in questo caso il termine "recensione" mi suona veramente male: voglio dire, io, recensire "Chariot"? E perchè non il Taj Mahal, o l'Odissea, o la Tempesta di Giorgione? Come dite, sto esagerando? Probabilmente si, ma la mia sensazione è questa: certe cose non le posso recensire, non ne sono in grado per tutta una serie di motivi, tuttalpiù le posso celebrare, le posso raccontare secondo la mia sensibilità, le mie idee e il mio punto di vista; chiamiamolo esperimento allora, o vanaglorioso manifesto se preferite.

Questi due minuti e venti secondi circa di musica sono, a parer mio, una delle massime icone di un'epoca lontana, affascinante, e per molti aspetti purtroppo dimenticata al giorno d'oggi. "Chariot" nasce come strumentale nel 1961 ad opera di due compositori francesi, Franck Pourcel e Paul Mauriat, ma una melodia così travolgente non può rimanere fine a sè stessa, ha bisogno di un testo e di una degna interprete per raggiungere la pienezza, per raggiungere il pubblico, e chi meglio di Petula Clark, con la sua voce fresca, entusiasta e cristallina? Lei è stata la prima, molte altre ne seguiranno, ma l'originale, la più bella, quella che conta rimane la sua, che nel 1962 conquistò la vetta della hit parade francese consacrandola come stella di prima grandezza nel panorama pop europeo di quegli anni. E questo "Chariot" non è un carro qualsiasi, è IL carro, quello di Apollo, che solca i cieli portando con sè il sole. E con un mezzo del genere è ovvio che la Terra non abbia più frontiere; l'amore, il viaggio, il cielo, la luna e le stelle, sono i contorni sfumati e indistinti di un'idillio utopico, di un delirio di onnipotenza, che grazie alla potenza della musica viventa una meravigliosa realtà, almeno per due minuti e venti secondi circa.

E questa è una della canzoni più belle, anzi, più grandi di sempre: una grandezza universale, aperta a tutti, si può definirla un po' snoblisticamente easy listening, si può mettere tutti i se, i ma, i però di questo mondo, ma "Chariot" è un valore non negoziabile, e la pensano così anche dei grandissimi artisti, a me particolarmente cari, che si sono ispirati, che hanno omaggiato il Pop di quegli anni con cover splendidamente rispettose delle originali, che mi hanno introdotto a questo tipo di sonorità, e anche per questo non smetterò mai di ringraziarli; grazie Marc, grazie Etienne, grazie Thomas. "Chariot" è Storia, in senso lato e ovviamente anche della sua epoca, gli anni '60 sono stati anche questo, anzi, potrei anche azzardare un sono stati soprattutto questo, lo scrivo con un ghigno orgoglioso e compiaciuto, lo scrivo in maniera assolutamente convinta, a costo di passare per "reazionario".

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