Torno a fare le mie personalissime "recensioni emotive" (quelle tecniche le lascio ai professionisti dei dati e delle nozioni ben più preparati di me) prendendo stavolta spunto da una meravigliosa colonna sonora di un film strepitoso e originale pur nella sua complessità. Non voglio parlare del film (che meriterebbe almeno due o tre visioni prima di esprimere un giudizio obiettivo) bensì della sua colonna sonora, appunto, scritta in solitaria da quel gran genio di Philip Glass, tuttora maestro di quel minimalismo elettronico che ci ha già dato in passato grandi capolavori.

Queste 14 tracce sono quanto di più oscuro ed emozionante abbia sentito ultimamente da una colonna sonora. Si avverte un senso di soffuso smarrimento, il preannuncio di oscuri presagi e la sensazione di camminare in punta di piedi sull'orlo di un baratro emotivo, il tutto condito con la classe e con la raffinatezza compositiva del nostro che ormai firma ogni suo lavoro in maniera unica e inconfondibile. Le composizioni godono poi di uno strano effetto di sfasamento spazio-temporale, rincorrendo temi dal sapore classico-vittoriano armonizzate con suoni e loop elettronici tipici del nostro, creando appunto temi difficilmente etichettabili: musica "fredda" elettronica con influenze barocche dei primi del '900 o musiche classiche interpretate con strumenti elettronici?
Lascio volentieri ad altri questo dilemma, a me importa farmi avvolgere da questi veri e propri "film sonori" che si infiltrano lentamente, in maniera sottile e strisciante, sotto la pelle, sempre più vicini dalle parti del cuore, dando all'ascoltatore un leggero senso di "piacevole diasagio" (per questo vi rimando alla visione del film) che in certi momenti si fa struggente e inesorabile.

Un'opera bella e intensa, come poche, con momenti di Vera Alta Poesia.

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