Dopo un 7" ed un MCD, questo è il primo album della carriera degli olandesi Phlebotomized. La line-up è rimasta invariata, ossia formazione a 7 con voce, 2 chitarre, basso, batteria, tastiere e violino.

Proprio le tastiere ed il violino sono il tratto distintivo della musica contenuta in questo album, rendendolo molto personale e strano. Già nel precedente MCD i Phlebotomized avevano fatto vedere di avere delle buone idee per staccarsi dalla scena death/doom dell'epoca, ma erano solo idee non ancora sviluppate in pieno. Qui invece sono riusciti a svilupparle, e nel migliore dei modi aggiungo!!! Lo stile di questo album è una specie di death metal mescolato a molte caratteristiche del cosiddetto "prog metal". Di death metal abbiamo il classico vocione in growl (veramente cavernoso!) e molti assalti frontali veramente cattivi. Di "prog metal" abbiamo le strutture intricate delle canzoni (piene di cambi e stacchi vari), e l'uso delle tastiere, che hanno quasi sempre un ruolo portante. A questo va aggiunta una forte atmosfera malinconica, creata soprattutto dal violino. Ecco perché io lo definirei "death/prog metal malinconico".

Nell'album sono comprese 9 tracce, di cui la prima è un'intro strumentale, poi abbiamo 3 canzoni belle intricate dello stile descritto sopra, quindi un intermezzo strumentale di quasi 3 minuti molto triste e suggestivo, poi altre 3 canzoni dello stile descritto sopra, e per finire una specie di semi-ballad tristissima e da lacrime agli occhi. Le canzoni migliori per me sono le ultime due. "Mellow Are The Reverberation" è in pratica l'espressione ai massimi livelli dello stile dell'album: 9 minuti pieni di parti violente, parti cupe e tristi, stacchi col violino, tappeti di tastiere, cambi di tempo e quant'altro ancora... una canzone molto varia e dallo stile unico. La conclusiva "Gone..." parte come una specie di ballad suonata con una chitarra acustica che sembra quasi violentata, come se la stessero suonando con una zappa... un effetto stranissimo, ma reso alla perfezione, sembra che la chitarra parli e comunichi il proprio dolore interiore... i testi non sono da meno, cupi e tristissimi (cantati con voce pulita), dedicati a dei loro cari morti in quell'anno; poi il gruppo urla in coro "It's not fair" e la canzone si incazza, mantenendo sempre l'atmosfera malinconica.

La produzione dell'album è molto buona, pur con tutti sti strumenti e tutte ste parti complesse il disco suona perfettamente, e si riesce a cogliere ogni singola sfumatura. La confezione non è il massimo della vita, a me onestamente la copertina fa schifo, però il libretto è bello corposo e comprende tutti i testi. Tecnicamente è un album suonato ottimamente, non ci sono queste gran finezze stilistiche, però ognuno interpreta al meglio la propria parte, e questo è l'importante. Insomma, a me sto album piace un casino, è personalissimo (io non conosco nessun album che gli assomigli) e riuscito molto bene. Di sicuro non è un album che mette allegria, anzi, consiglio di ascoltarlo al buio e quando si è scoglionati, l'effetto è assicurato.

Se cercate qualcosa di personale e malinconico questo album fa per voi. È difficilotto trovarlo ormai, ma vale la pena cercarlo.

Carico i commenti...  con calma