Il tempo, i tempi che corrono, ai tempi miei, un tempo... Si guardano le lancette, ma il tempo è un trucco. Il tempo si muove, ma l'uomo è immobile, come le auto nei videogiochi, mentre è solo la pista a muoversi. Bene, la pista è il tempo.

Questa speculazione filosofica da quattro soldi è stata posta in essere dalla realtà:

Roma, 20 Maggio 2008, Mara Carfagna, ex soubrette, ora solo ministro, nega il patrocinio al Gay Pride di Roma giustificandosi con un "credo che l'unico obiettivo di queste manifestazioni sia quello di arrivare al riconoscimento ufficiale delle coppie omosessuali magari equiparate ai matrimoni e su questo non posso essere d'accordo". Roma, 24 Maggio 2008, un conduttore televisivo di DeeGay.it viene aggredito al grido di "così impari a non fare più queste trasmissioni per froci". Palermo, 26 Maggio 2008, un padre accoltella il figlio omosessuale dicendo "l'ho fatto per una questione d'onore e vergogna" ...e la mia mente va a Comizi d'Amore.

Comizi d'Amore è forse l'autoritratto più preciso del suo autore, l'opera che meglio lo identifica. Pier Paolo Pasolini e Alfredo Bini nel 1963 devono girare l'Italia per trovare le location adatte per il loro prossimo film, il Vangelo Secondo Matteo. Pier Paolo ha da molto tempo un chiodo fisso: conoscere l'opinione degli italiani riguardo "il sesso", "la prima volta", "gli invertiti", "le prostitute", "il divorzio" e così partono le interviste all'uomo comune e all'intellettuale o presuto tale.

Quello che ne esce è un quadro desolante di un Italia che viaggia a due differenti velocità e divisa moralmente e antropologicamente in un meridione arretrato, ma sincero o forse solo non conscio della sua arretratezza, e in un nord un pò più aperto, ma in fondo bigotto e ipocrita.

Pasolini chiede in una balera riguardo gli invertiti e la gente prova vergogna e sdegno per queste persone al contrario, chiede fuori l'Università di Bologna un opinione sull'amore e in cambio riceve solo laconiche risposte che altro non sono che il segno dei tempi e dell'apatia dell'universitario medio, chiede a delle operaie torinesi di commentare le prostitute e il risultato è un moralismo da terza categoria, chiede in uno stabilimento balneare pareri sul divorzio e qui sembra andare meglio, di vivere in un paese quasi normale, e infine chiede a dei napoletani cosa ne pensano riguardo alla legge Merlin e qui compie il miracolo di raccontare Napoli, il napoletano e la sua perenne arrampicata a qualcosa in soli dieci minuti in quanto il napoletano prova a giustificare la tendenza dei ragazzi a farsi arruolare dalla camorra perchè con l'assenza della legge la concorrenza e la pericolosità nel mestiere sono aumentati e con loro anche i prezzi ed un ragazzo non può più permertersi una puttana, l'albergo, gli asciugamani e tutto il resto con il suo semplice lavoro.

Un Italia ipocrita era quella che amava fare a pezzi Pasolini e un Italia ipocrita e pure mediocre è quella odierna che però si fa a pezzi da sola. Potrei speculare, attaccare, farmi venire la bava alla bocca e il sudore al cervello per le cose che ho da dire, ma non servirebbe a niente e poi non essendo Pier Paolo, povera Italia, la qualità sarebbe quella di un qualsiasi scrivano che ha letto qualche editorialuccio. Allora, vi lascio con le sue parole che a me ha più lasciato e che danno un senso a quello scritto fin ora:

La tolleranza, sappilo, è solo e sempre puramente nominale. Non conosco un solo esempio o caso di tolleranza reale. E questo perchè una "tolleranza reale" sarebbe una contraddizione in termini. Il fatto che si "tolleri" qualcuno è lo stesso che lo si "condanni". La tolleranza è anzi una forma di condanna più raffinata. Infatti al "tollerato" - mettiamo al negro che abbiamo preso ad esempio - si dice di far quello che vuole, che egli ha il pieno diritto di seguire la propria natura, che il suo appartenere a una minoranza non significa affatto inferiorità eccetera eccetera. Ma la sua "diversità" - o meglio la sua "colpa di essere diverso" - resta identica sia davanti a chi abbia deciso di tollerarla, sia davanti a chi abbia deciso di condannarla. Nessuna maggioranza potrà mai abolire dalla propria coscienza della "diversità" delle minoranze. L'avrà sempre, eternamente, fatalmente presente.

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