"Mare mare mare datemi una giornata al mare".


La voglia d'evasione nasce dalla brama d'eludere i mille fastidi che la routine ci scaglia addosso. Spesso l'uomo è colto dal desiderio di fuggire dai tanti problemi che gli ronzano attorno: liberarsi dal peso della quotidianità e da quella triste sensazione che lo fa sentire avvinghiato ad un mondo angosciante e sfasciato. Esiste un solo modo di redimere questo stato di prigionia ossia il momentaneo esilio dal mondo ordinario, ormai divenuto apparentemente inospitale. Evadere dalla routine (o da ogni altra sgradevole condizione) è in fondo molto semplice. A volte basta la vista di un ambiente deserto, a donare quel senso di pace che è custodito nel lato più soave della solitudine umana. Il mare è uno di questi ambienti. Lo stesso mare dove l'autore di questo disco tenta di lasciare le "mille noie e i mille problemi il traffico lo smog gli anatemi" e dimenticarsi dei "pochi soldi in tasca" e del "buco nero in banca" prima che un soave pensiero lo faccia riflettere: "c'è la tempesta il vento o il sole/ libeccio scirocco o il maestrale".

"Mare mare mare" è la straordinaria opener di questo lavoro, pezzo al quale appartengono i versi sopraccitati; un mare visto nella sua forma più pura, cioè una solinga e incontaminata distesa d'acqua salina nella quale l'autore, volutamente estraniato dal mondo, riesce a catturare la quiete necessaria per riflettere su se stesso, sul suo presente e sul proprio passato. La vita odierna di Pollina è citata nella successiva "Cantautori" pezzo allegro e piuttosto ritmato che vuole essere un omaggio alla Canzone d'Autore e a tutti gl'artisti che la rappresentano: Venghino signori trascinati dalla scia/ per chi vuole sfamarsi di sola poesia". La quarta traccia avvia invece le memorie dell'autore: "Laddove crescevano i melograni" è musicata da un folk acustico il cui testo narra dell'infanzia di Pollina, ossia l'appartenenza perduta, un passato vivo solo grazie al ricordo, sebbene il brano abbracci una malinconica confessione: "Laddove crescevano i melograni ci torno ogni tanto di nascosto/ a rimpiangere l'uomo che non sono stato ad assaporare l'odore del mosto". Le frammentarie reminiscenze di questa canzone fanno da preambolo al rock melodico di "Sono chi sei, sono chissà" brano nel quale Pippo entra nel vivo delle sue introspezioni, al punto da riuscire a visionare la sua persona in tutte le allegorie che la compongono; in questo modo egli riesce a scorgere se stesso in tanti modi diversi, e quindi identificarsi in "un sorriso amaro" in "una nuvola d'agosto" o in "un'ispiegabile malinconia" ; o ancora nel "dolore che scorre da una ferita aperta" e da quel "po' di terra che si stacca dall'umanità".

Le riflessioni di Pollina proseguono con l'acustica "Anniventi" e con la ballata "Da terra a terra" poi arriva il soave folk di "Helvetia" brano che torna a richiamare ambienti naturali e incontaminati. Stavolta però non è il mare, il luogo che l'autore vuole rappresentare, ma il paesaggio montuoso della Svizzera, la nazione che lo ha accolto dopo il suo allontanamento dalla Sicilia. Ascoltando questo pezzo si ha la sensazione che Pollina voglia quasi omettere l'appartenenza perduta (rievocata nei precedenti brani) per concentrarsi sull'appartenenza acquisita, ossia la sua rinnovata esistenza, la sua odierna condizione: l'approccio con la sua nuova terra. Il testo è una commossa dichiarazione d'amore di un uomo che torna quieto grazie alla calorosa accoglienza che la sua nuova patria gli ha riservato, un legame destinato ad un continuo rinnovamento: "Ci siamo ancora a raccontarci/ quello che siamo ciò che ci piace/ a disegnare degli squarci/ di libertà giustizia e pace". A questo punto si ha la definitiva conferma che le ambientazioni mediterranee, precedentemente cantate, non erano altro che immagini di un'esistenza perduta, pensieri destinati a viaggiare nel tempo per tornare nel presente dove esiste un uomo che calpesta sentieri montuosi, un individuo ormai conscio della sua rinnovata pace, che in preda ad una lode liberatoria, parla così alla sua amata Svizzera : "Grazie perché lo sai/ ti voglio bene/ dammi le tue mani/ qui nel silenzio/ dei tuoi altipiani".

Fra gl'altri brani va segnalata "E se ognuno fa qualcosa" ballata pianistica, incentrata sulla figura di don Pino Puglisi, e le etniche melodie che compongono "Il risveglio" pezzo in grado di regalare (musicalmente parlando) lo stesso senso di pace che si respira in "Helvetia".

Miglior disco del 2014, almeno per quanto riguarda la Musica d'Autore italiana.

Federico "Dragonstar" Passarella.

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