Il copione è più o meno sempre quello: passi vent'anni o poco meno a farti due balle così tra pentacoli e caproni in copertina, Satana, il Maligno, saponette allo zolfo e dopobarba alla mangusta e alla fine tutta sta roba ti viene a noia, inizi a "cercare qualcosa di più profondo", senti "il bisogno di ritrovare la pace, non solo con chi ti sta attorno, ma anche e soprattutto con te stesso", di "rimettere insieme i pezzi" etc etc.. E allora tiri fuori i vecchi dischi dei Trouble e di Padre Cionfoli, ci dai un taglio con la snow che rende blind, e ti convinci che se Dio e Doom c'hanno la stessa iniziale sicuramente è perché c'è un grande disegno divino di cui tutti noi facciamo parte e che Tu vuoi contribuire a realizzare!

Capita così che anche uno come Victor Griffin (chitarrista dei satanassi Pentagram), nel 1996 c'abbia la sua vocazione e decida di mollare il suo gruppo storico, si trasferisca a Knoxville, stato del Tennessee, e insieme ad una vecchia conoscenza (Lee Abney, basso ai tempi dei Death Row) e a uno raccattato con un annuncio sul giornale (Tim Tomaselli, batteria, mai sentito prima), decida di rendere grazie esordendo nel 2002 con un gran bel disco Doom, ma molto soul e molto blues.

E allora giù di riffoni massiccioni che sembrano preghiere al Padre Celeste Iommi ("The Fall"), giù di bluesacci heavy e puzzolenti come il fumo di un traghetto che scende il Mississipi ("Love She Gave Me"), vai di chitarroni a zampa d'elefante, ma griffati Marshall, e quindi oggi più di moda che mai, e giù di Sabbath, di primi Pentagram, solo un po' meno fuzzosi, e di Spirit Caravan, solo un po' meno drogati. Il tutto ben puciato nel whiskey, usando come metronomo la sedia a dondolo di qualche simpatica vecchina armata di carabina che riposa sotto il portico (con l'unica eccezione della spedita "Feeling Of Dread").

E non importa se, a sentirlo parlare nelle interviste, Griffin sembra un venditore porta a porta di Bibbie, e non importa se leggendo i testi delle sue canzoni, ci vengono due balle tante con la storia della luce, della redenzione e del Signore è il mio pastore etc etc.. Il risultato mi piace da matti: c'ha un sacco di tiro, groove da vendere e fa andare il capoccione che è un piacere. Griffin è buon cantante, sofferto e sofferente, ma mai una lagna (pure quando coverizza "Please Don't Let Me Be Misunderstood" - già Campari, già The Animals, già Nina Simone), e un ottimo compositore. La band gli copre le spalle egregiamente e, anche se non è nulla di veramente originale, non ci si fa caso e si pensa solo a gustarsi il rock'n roll.

E nel disco dopo c'è pure Wino Weinrich a dare la sua benedizione! ..lasciarselo scappare sarebbe davvero un peccato mortale..

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