Il cinema visionario di Werner Herzog trova un potente alleato nella musica dei Popol Vuh, che firmano una mezza dozzina di colonne sonore per i suoi film. "Aguirre" è la prima collaborazione tra il gruppo di Florian Fricke e il regista tedesco, ma questo album non è una colonna sonora vera e propria perché soltanto due brani ("Aguirre I" e "Aguirre II") vengono usati nel film, mentre gli altri provengono da varie sessioni di registrazione effettuate nel periodo 1972-1974. Il film di Herzog (Aguirre, furore di Dio) esce infatti nel 1972, questo album è invece del 1975.

Nei sei minuti del brano di apertura, "Aguirre I", siamo proiettati all'improvviso in un clima magico e misterioso, carico di un senso di struggente attesa, evocato da due coppie di note ripetute su uno sfondo di accordi: presenti, questi ultimi, anche nella seconda metà del brano, su cui si innestano le tastiere di Fricke in un meditabondo assolo. Questo pezzo riassume alla perfezione l'atteggiamento contemplativo del gruppo tedesco e rimane come uno degli episodi più puri e significativi della loro intera discografia.

"Aguirre II" riprende all'inizio il clima del suo predecessore per poi cedere il passo alla chitarra acustica di Daniel Fichelscher, in funzione di accompagnamento ritmico, e a successivi soli di chitarra elettrica. Il lato A del disco in vinile comprendeva anche due tracce ("Morgengruss II" e "Agnus Dei") che sono versioni appena diverse da quelle presenti in "Einsjäger & Siebenjäger" del 1974.

Ma è ascoltando il brano di chiusura dell'album, il lungo "Vergegenwärtigung", che ci troviamo di fronte a una nuova sorpresa: quasi 17 minuti di musica che sembrano usciti dal primo periodo del gruppo, cioè da lavori come "Affenstunde" (soprattutto) e "In Den Gärten Pharaos". In questo caso il brano disegna un oscuro paesaggio sonoro realizzato da Fricke con le sonorità più cupe che riesce a cavare dal suo Moog; un pezzo lunare, di glaciale immobilità, animato di tanto in tanto da onde argentee che si frangono su una riva ignota e invisibile.

Ed è proprio in virtù delle sue diverse anime stilistiche che "Aguirre" ben rappresenta la natura erratica ed errabonda e l'ispirazione eclettica e multiforme dei Popol Vuh.

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