SIGNIFY (September 1996, Delerium CD)

Tracks
01. BORNLIVEDIE (1:41) [instrumental]
02. SIGNIFY (3:26) [instrumental]
03. THE SLEEP OF NO DREAMING (5:24) [Words: At the age of sixteen I grew out of hope I regarded the cosmos Through a circle of rope So I threw out my plans Ran on to the wheel And emptied my head Of all childish ideals The sleep of no feeling I married the first girl Who wasn't a man And smiled as the spiders Ran all over my hands Made a good living By dying it's true As the world in my TV Leaked onto my shoes]
04. PAGAN (1:34) [instrumental]
05. WAITING - PHASE ONE (4:24) [Words: Waiting... to be born again Wanting... the saddest kind of pain Waiting for the day when I will crawl away Nothing is what I feel Waiting... for the drugs to make it real Waiting... for the day when I will crawl away Waiting... to be disciplined Aching... for your nails across my skin Waiting... for the day when I will crawl away
06. WAITING - PHASE TWO (6:15) [instrumental]
07. SEVER (5:30) [Words: Telepath Carbon trapped under stone Brother mother pale body is thrown Only way I know to have fun Fill up my blood, my veins, my lungs ESP city - rainy and blue Burn down this town, I give it to you Aero shallow, photograph blind Stage fright, black light, coma divine No sense of time Sever tomorrow Exitless mind - ESP Sever tomorrow School out invective, losing my voice Film shredding on in multiple choice America calls, I must go Oprah saviour, I feel that low]
08. IDIOT PRAYER (7:37) [instrumental]
09. EVERY HOME IS WIRED (5:08) Modem load and failsafe Electric teenage dust Hit the solvent keypad Start the neural rust Power on the highway Data in my head Surfing on the network Part of me is dead Every Home is Wired Swimming in the circuit Somebody has expired This world will be the future Every home is wired]
10. INTERMEDIATE JESUS (7:29) [instrumental]
11. LIGHT MASS PRAYERS (4:28) [instrumental]
12. DARK MATTER (8:57) [Words: Inside the vehicle the cold is extreme Smoke in my throat kicks me out of my dream I try to relax but its warmer outside I fail to connect, it's a tragic divide This has become a full time career To die young would take only 21 years Gun down a school or blow up a car The media circus will make you a star Dark matter flowing out on to a tape Is only as loud as the silence it breaks Most things decay in a matter of days The product is sold the memory fades Crushed like a rose In the river flow I am I know]

L'albero del porcospino è una coltura musicale di un artista eclettico che risponde al nome di Steven Wilson. Multistrumentista e dissimulatore nel senso creativo del termine, Steven Wilson è, innanzitutto, un chitarrista fortemente influenzato da Barret e Gilmour come testimonia inequivocabilmente il debutto vero e proprio (preceduto dai demo in "Yellow Hedgerow Dreamscape", 1991) nel doppio album "On The Sunday Of Life" (1992): vero e proprio progetto solista fautore di un'evoluzione del rock psichedelico dei Pink Floyd (vedi Jupiter Island), strizzando però l'occhio anche al progressive inglese anni '70 (vedi Nostalgia Factory).

Il successo ottenuto più da noi che in madrepatria, viene consolidato dai successivi "Up The Downstairs" (1993) e "The Sky Moves Sideways" (1994): in quest'ultimo lavoro, in particolare, collabora (e si sente) alle tastiere l'ex Japan (storico gruppo di David Sylvian) Richard Barbieri. Dopo l'assaggio con l'EP "Waiting" (1995), dietro il progetto targato Porcupine Tree ritroviamo una vera e propria band, ai due s'affiancano Colin Edwin al basso e Chris Maitland alla batteria, che si esprime con un gran album oggetto di questa recensione.
"SIGNIFY" (1996) ha il merito di segnalare alla critica, soprattutto inglese, il nome dei Porcupine Tree già conosciuti in Italia: una sorta di seconda patria di Wilson e compagnia bella. L'intro "Bornlivedie" sembra ingannarci in un certo senso perchè ritorna a ricordarci l'amore per i Pink Floyd di 'Ummagamma' in particolare. Ma già il successivo ed ancora strumentale "Signify" ufficializza il passaggio al progressive: in questo brano, precisamente, il punto di riferimento è il rock barocco dei migliori Yes (la tecnica chitarristica si avvicina molto a quella del mitico Steve Howe negli anni '70).

Le parole appaiono per la prima volta in "Sleep Of No Dreaming" in cui, musicalmente, Wilson e Barbieri si mantengono equidistanti tra l'Art Rock dei King Crimson ed il Rock Romantico/Fiabesco dei primi Genesis (ovviamente quelli di Peter Gabriel e Steve Hackett). Dopo le reminiscenze floydiane nella strumentale Pagan, il testo riappare, più oscuro che mai, nella bellissima "Waiting Phase One" a cui segue la seconda parte strumentale, "Waiting Phase Two" in cui i Porcupine Tree, onestamente, sembrano aver poco da invidiare ai Radiohead, da più parti riconosciuti (per molti versi giustamente) principali esponenti del prog attuale.
Sebbene ancora poco accessibile dal punto di vista testuale, in "Sever", Wilson si conferma un songwriter di tutto rispetto anche nel suo esprimere un (dovuto) omaggio a Roger Waters ed ai Pink Floyd di "The Wall" e "The Final Cut".

È oltremodo chiaro che citare queste influenze, evidenziare questi richiami, non equivale a dire che manchi inventiva ed originalità. Eventuali dubbi, in tal senso, vengono spazzati via dalla strumentale "Idiot Prayer": ascoltare per credere. I Porcupine Tree sono fedeli al rock psichedelico dei Pink Floyd ed al progressive britannico classico, ma riadattano il tutto in senso evolutivo, soprattutto negli effetti in studio: il risultato in "Every Home Is Wired" è un sound abbastanza ricercato, ad esempio. D'altra parte, Wilson e soci sono propensi ad allargare sempre più i propri orizzonti e nell'affascinante strumentale "Intermediate Jesus", il sound è contaminato da un certo free-jazz nell'utilizzo delle tastiere (alla Soft-Machine, per intenderci).
Insomma se il progressive è sperimentare e coniugare stili diversi, più o meno raffinati, questo è un autentico lavoro progressive, che ha nella sua chiusa, preceduta a dire il vero da un intro strumentale forse troppo lungo come "Light Mass Prayer", il suo miglior momento: "Dark Matter", a parere di chi scrive, è un caposaldo del new prog rock.

Post Scriptum:
Con questo prodotto discografico i Porcupine Tree abbozzano un mini-recinto, un minimo comun denominatore che riproporranno nei lavori successivi, sebbene la tendenza sarà quella di rendere più diretto l'approccio ai testi (aumentano, peraltro, le parti cantate) ed alla loro musica, aprendosi nel contempo ai generi più disparati. Dopo il live "Coma Divine" (1997), Wilson concede spazio in sede compositiva anche ai suoi compagni d'avventura: in "Stupid Dream" (1999) il sound sembra davvero più accessibile ed in Lightbulb (2000), che vede la presenza dell'ex XTC Dave Gregory, i testi sono molto più diretti e meno astratti rispetto al recente passato, mentre l'apporto di Gregory consente una serie di arrangiamenti stilisticamente molto più raffinati. La volontà di scrollarsi di dosso l'appellativo di cult-band è evidente più che mai nei successivi "Metanoia" (2001) ed "In Absentia" (2002), intervallati dalla raccolta "Recordings".

L'ingresso del nuovo batterista Gavin Harrison favorisce le continue visite nei luoghi del rock più variegato, con il solito filo conduttore a conferire un minimo di coerenza al puzzle sonoro. Per i più puristi, il progressive è fondere stili ed approcci musicali diversi, elaborandone uno nuovo: citare i Portishead, al riguardo, ha fatto scuola. A rigore, dunque, i Porcupine Tree non sarebbero un gruppo progressive perchè i loro lavori sono mosaici dove c'è unione e non fusione di attitudini diverse. Il mio punto di vista è, invece, parzialmente differente sebbene necessita di una premessa. La voglia o la necessità (a seconda dei punti di vista) di generalizzare a tutti i costi, infatti, ci ha indotto a definire il filone musicale di cui si parla utilizzando il termine Progressive: un termine, innanzitutto, improprio poiché allude ad un qualcosa che progredisce all’infinito senza che ciò sia suffragato da un reale riscontro empirico.
La musica che noi definiamo progressive, difatti, non è qualcosa di assolutamente e perennemente evolutivo: il prog rock è dinamico, elastico, ma non indefinitamente. Il Progressive Rock, così come lo conosciamo, ha, insomma, canoni ben definiti, chiari, limpidi, che rispetta quasi in modo ossequioso. Facciamo qualche esempio.

I brani sono, spesso, molto lunghi e prevedono, il più delle volte, sottosezioni con combinazioni musicali fra loro diverse e frequenti cambi nella ritmica (specie con tempi dispari), rifuggendo, consapevolmente, dalla classica struttura della canzone popolare con strumentazioni che operano un chiaro superamento del classico trio batteria-basso-chitarra, attraverso un utilizzo, massiccio è dire poco, delle tastiere, senza disdegnare il ricorso ad archi od altre prove orchestrali, mutuate non solo dalla musica classica, bensì anche dal jazz, senza che ciò equivalga ad un completo distaccamento dalle radici blues (di cui dobbiamo ammetterne l’ imprescindibilità quando si parla di Rock).
Sperimentazione, assenza d’improvvisazione, testi, look e scenari metaforici, favolosi, fiabeschi, o comunque sganciati dal reale contesto socio-politico-economico, sono, con i dovuti distinguo, ulteriori tratti distintivi. Ad avviso di chi scrive, però, la caratteristica saliente è proprio l’atteggiamento di chi fa questa musica verso essa ed il proprio strumento. Un tecnicismo quasi esasperato, un abbondante virtuosismo, espressi in arrangiamenti ricercatissimi, in un rapporto simbiotico tra musicista e strumento, sono ciò che più contraddistingue l’artista rock progressive dal resto: l’obiettivo è fare musica eccellente sotto il profilo estetico, dando il meglio di se stesso e portando con sè il rischio di produrre qualcosa di geniale così come qualcosa di orrendamente ridicolo.

L’utilizzo del termine progressive è dunque, quantomeno, ambiguo: apre la via a sfumature che inducono a far rientrare nel genere, come di fatto è accaduto, contributi musicali che poco avevano da spartire. Chi decide di fare questa musica accetta una sola via maestra, un sola ed univoca arte: quella della «tecnica». Più che progressivo, il Rock di cui si parla è prima di tutto un Rock Tecnico, o meglio, il rock tecnico per eccellenza, da cui deriva il progredire verso nuovi orizzonti musicali, sconfinando in altri stili musicali.
Dieci anni dopo "Signify", i Porcupine Tree non sono un gruppo progressive, almeno nel senso che ho inteso (sarà perchè, per me, ciò che è progressive, fondamentalmente, è nato e morto nella prima metà degli anni 70). L'ultima produzione "Deadwings" (2005) è manifestamente la conferma di ciò, con un complesso sonoro quasi scevro da tecnicismi e tutto incentrato alla ricerca di una creatività a largo raggio ed a tutti i costi, con complicanze positive e negative conseguenziali (diventa, ad un certo punto, inevitabile).

Quì si spazia veramente a tutto campo, dalle odi psichedeliche floydiane al puro e semplice easy listening degli Abba, dal prog-folk di Crosby Still & Nash (nell'album CSN) alle armonie vocali dei Beatles o dei Beach Boys, dal classico prog crimnesiano alle mazzate grunge/heavy soundgardeniane/opethiane e via discorrendo. Va da sè che se per progressive intendiamo un rock sperimentale e vi facciamo rientrare accanto i Radiohead, anche i Tools, i Nine inch Nails di "The Fragile", i Mars Volta, per citarne alcuni e se a ciò aggiungiamo la collaborazione dal vivo con i più famosi portabandiera del prog-metal come i Dream Theater, la produzione da parte di Steve Wilson del live del 1997 di Fish (ex lead singer dei Marillion), la sua collaborazione ed amicizia con Sylvian e così via, includere nella lista delle progressive del nuovo millennio anche Wilson e soci diventa naturale. Che a Wilson, in definitiva, interessi poco la tecnica fine a se stessa e molto di più la creatività a qualunque titolo, è confermato dalla produzione dell'altro suo alter-ego: i No Man's (vedi, soprattutto, la collaborazione con Robert Fripp in “Flowermouth” ).

Ma l'ambizione di una ricerca ossessiva della creatività, intentendola come alternatività continua, devotamente e pretenziosamente d’avanguardia, tant'è che termini come «ambient» e «space rock» appaiono persino stretti, porta con se il rischio della dispersione: eventualità che secondo me è di fatto avvenuta. Ecco perchè continuo a preferire "Signify".
Filippo Guzzardi

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