Ho chiuso gli occhi e mi sono lasciato trasportare dalle tranquille correnti, pensando a cosa avrebbe potuto raccontarci Alexander Supertramp se solo il fiume non lo avesse costretto nel Magic Bus. Si avevo appena scoperto "Into The Wild" di Sean Penn e per un incredibile "scherzo/regalo" del destino questo disco.

Port O'Brien è un progetto che ruota attorno alle figure di Cambria Goodwin e Van Pierszalowski ed alla Bay Area a nord di San Francisco, dove Cambria lavora in una panetteria. Van trascorre i 4 mesi estivi a bordo del peschereccio Shawnee del padre, a caccia di salmoni attorno all'isola Kodiak in Alaska. Ognuno scrive la propria musica, plasmandola dal proprio lavoro, dal mare e nel caso di Van dal clima intransigente e freddo delle terre di ghiaccio, musica che racconta storie con la dolcezza di una mamma che canta di personaggi da fiaba per calmare il proprio bambino spaventato e l'intransigenza di marinai che si producono in iperboli al limite dell'impossibile per portarci a conoscenza delle loro avventure. Quello che ne esce è un folk-indie intenso e viscerale come in "Close The Lid" dove i rimandi à la meglio gioventù americana sono quasi commoventi pur non scadendo mai nella banalità del "già sentito". Splendida è la glaciale autobiografia di "Fisherman's Son", dove Will Oldham e Jason Molina vengono strappati dalle infinite praterie americane degli stati centrali, portati sulla costa, imbarcati e lasciati al destino dell'oceano; così come i Pavement vengono spogliati completamente dei loro vestiti sgargianti e stivati nella chiglia di una nave abbandonata in secca in "Stuck On A Boat".  Gli oscuri presagi di Thee Silver Mount Zion & Tra-La-La Band sono esorcizzati nell'iniziale "I Woke Up Today" in una danza quasi tribale e frenetica che rimanda molto anche a "Gobbledigook", brano di apertura di "Með suð í eyrum við spilum endalaust" ultimo album dei Sigur Ròs, ci vengono portate agli occhi rivelazioni di un alcolico grigiore come in "In Vino Veritas" dove la voce di Cambria gioca su linee sghembe che inciampano sulla melodia mono-tona delle chitarre mitigate da un retrogusto melodico amaro e profondo o narcotiche e fumose come in "Alive Or Nothing", dove Van sembra voler regalare un brano dei Modest Mouse a Pall Jenkins e soci. Tutto il disco sublima in "The Rooftop Song", Neil Young di "On The Beach" che arriva ad abbracciare le migliori aperture dei suoi nipotini Built To Spill, con un finale sonico di rara e tenera bellezza.

Forse questo "autoprodotto" non sarà mai annoverato fra i capolavori della musica americana, ma sinceramente ne incarna perfettamente l'anima, il cuore e la pelle, e credo che anche Christopher Johnson McCandless di ritorno dal suo viaggio in Alaska si sarebbe fermato a pescare con Van Pierszalowski e suo padre a bordo della Shawnee.
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