Nel 1972 i Procol Harum erano un po’ in ribasso, messi in secondo piano da tantissime altre realtà musicali, tutte sbocciate anche grazie al loro pionieristico ruolo in quegli anni magici per il rock. Però si rilanciano alla grande con quest’album dal vivo, testimone di un concerto organizzato in Canada con un’orchestra ed un coro locali (e chissà perché questa scelta scomoda… forse era quella che costava meno!).

Narrano le cronache che le ultime partiture orchestrali e corali furono messe a punto dal direttore insieme al compositore del gruppo Gary Brooker, direttamente durante il volo transoceanico da Londra al Canada. Molti degli storici concerti immortalati anche su disco (Woodstock, Live Aid…) ebbero fasi organizzative confuse e problematiche… nel suo piccolo anche questo incrocio una tantum fra il quintetto inglese di art-rock e gli orchestrali e cantori dell’Alberta.

Successo garantito, poiché se vi è un gruppo adatto ad essere arricchito da un’orchestra questi sono i sinfonicissimi Procol Harum. Per dire, una canzone come “A Salty Dog”, presente in scaletta, era già bella che pronta per essere eseguita insieme a decine di professori di musica, dato che era già nata così quattro anni prima. Infatti è pressoché indistinguibile dalla versione in studio… Vi sono pure i versi di gabbiano, evidentemente grazie a un nastro fatto partire all’uopo.

L’album ha il merito di rivalutare e mettere in giusto risalto la canzone “Conquistador”, che nel 1967 aveva aperto alla grande il loro primo ed omonimo album, venendo però messa in secondo piano dall’infernale successo di “A Whiter Share of Pale”. Anche in quest’occasione essa apre le danze, beneficiando di un breve ma suggestivo interludio d’orchestra capace di caricare l’atmosfera, per poi esplodere in tutta la sua incisività tematica: bel titolo, bel testo, bel riff sui bassi, bel pianetto ribattuto, buon assolo di chitarra rock blues (non presente nell’originale). Il batterista B.J. Wilson si fa un po’ prendere la mano dall’adrenalina del debutto e tira sensibilmente ad accelerare per tutto il brano… direttore e orchestrali si adeguano e la grande canzone trotta pomposa e roccheggiante fino al suo stop finale, foriero di un fragorosissimo applauso: imperfetta si, ma piena di cuore e di energia. Fu pubblicata come singolo estratto dall’album e andò in classifica in America, rendendo a conti fatti questo disco come il più venduto al mondo in carriera per loro.

Detto della molto potenziata ed epicissima “Conquistador” e del costante capolavoro “A Salty Dog”, la scelta di altre due canzoni “nella media” del loro catalogo, vale a dire “Whaling Stories” e “All This and More”, rispettivamente dal quarto lavoro “Home” e dal terzo “A Salty Dog”, ridimensiona un poco il livello di quest’album. Sono episodi squisiti ma non così memorabili, e tali restano anche con l’arricchimento della grande orchestra.

L’ultimo brano, esteso per tutta la seconda facciata dell’originale ellepì, è la prolissa suite “In Held ’Twas in I”. Portata in palmo di mano da molti amanti del progressive come pionieristico esempio di suite multipartita, a monte o quasi di tutte le altre che verranno di lì a poco (l’originale sta su “Shine on Brightly”, 1968) alle mie orecchie è sempre risultata interessante ma non sufficientemente forte nelle melodie, negli arrangiamenti, nella coesione fra le sue varie parti.

L’opera finirebbe qui, ma nella sua fuori moda (non per me) versione in ciddì si aggiungono altri tre episodi eseguiti in quella stessa serata. Per l’esattezza “Luskus Delph” e “Simple Sister” da “Broken Barricades" del 1971 ed infine “Shine on Brightly” dal disco omonimo. Evidentemente furono considerati di riuscita minore rispetto agli altri… Peccato perché le ultime due sono fra le migliori cose dei Procol ed avrebbero impennato la consistenza di quest’album.

Elenco tracce e video

01   Conquistador (05:02)

02   Whaling Stories (07:40)

03   A Salty Dog (05:36)

04   All This and More (04:21)

05   In Held 'Twas in I (18:51)

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