Quelli tra di voi che sono i miei più o meno fedeli lettori abituali (ma davvero non avete niente di meglio da fare, brutti perditempo?!), ricorderanno come nella recensione sui Times New Viking avessimo già introdotto il termine Shitgaze, nuova e dubbia corrente musicale che, riepilogando brevemente per i più distratti o coloro che dovessero essersi persi (ahiloro) la mia precedente perla, fa di necessità virtù, trasformando la nerdaggine musicale e l'analfabetismo strumentale dei propri membri nel proprio principale punto di forza e riconoscimento.
I Psychedelich Horseshit sono un po' i padri putativi di questa corrente e questo loro primo ciddì e assunto un po' ad archetipo di tutte le opere shitgaze; a quanto pare furono infatti loro a coniare per la prima volta, ironicamente, il termine usato per descrivere la loro musica, in onore ai loro ispiratori My Bloody Valentine; ovviamente la critica ha colto la palla al balzo, coniando da questa parola un'intero nuovo genere musicale, che si sa che il pubblico è sempre bramoso di novità e dell'ennesima "big next thing".
Ciò ha portato alcuni tra gli ascoltatori ad una visione talvolta eccessivamente romantica di questi nuovi gruppi (come d'altronde in precedenza per il punk), vedendo nelle registrazioni "fatte in casa" e nel generale approccio molto "spartano" una vera e propria presa di posizione "filosofico-ideologica", una sorta di voluto primitivismo, approccio naif o minimalista alla musica, inno all'indipendenza dalle major e sprezzo del mainstream; altri catalogano il tutto come una merdata, suonata da gente incapace (e anche qua i rimandi al punk si sprecano).
Ebbene, molto più sano, rilassato ed encomiabile è invece l'approccio che il trio stesso ha verso se stesso e la propria musica, ovvero quello di non prendersi eccessivamente sul serio e di vedersi innanzitutto come un gruppo di amici che suona ruock divertendosi e facendo divertire. Non bastasse d'altronde l'epiteto da essi stessi coniato per autodefinirsi (sia come gruppo, che come genere), anche una dichiarazione durante un intervista è emblematica riguardo l'attitudine del gruppo: citando più o meno a memoria si affermava "la gente nota che spesso ai nostri concerti i pezzi cambiano, anche notevolmente, ogni volta che li suoniamo, pensando magari che siamo dei mega-virtuosi a cui piace improvvisare, in verità semplicemente facciamo troppo schifo per suonare bene le nostre stesse canzoni".
Dunque, questo loro primo parto, "Magic Flowers Droned", rappresenta un po' la famigerata pietra dello scandalo, che mise in movimento tutto il carazzone, di gruppi ed opere ovviamente (come d'altronde in tutti i generi) in larga parte prescindibili, ma anche in grado di tirare fuori qualche nome di interesse.
L'opera in questione si colloca a buon diritto nella seconda categoria, con la sua "psichedelia per poveri", rigorosamente lo-fi; ma in questo caso la patina rumorista non svolge come compito principale quello di coprire le mancanze musicali; serve semplicemente a ricreare la giusta atmosfera decadente che ci immerge pienamente nel marciume delle traccie, che anzi mostrano (come nei casi migliori di questo genere) svariate influenze colte, che spaziano dal shoegaze, al kraut, al noise.
Ma quindi alla fine ci sono o ci fanno questi Psychedelich Horseshit? Probabilmente un po' dell'uno e un po' dell'altro, ma ciò non toglie che questa loro fatica, sia dannatamente catchy ed adorabile nella sua cazzona irriverenza, ergo non sarò certo io a negare ad essa 3 palline abbondanti.
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