I Queensrÿche sono una band proveniente da Seattle, che si colloca nel limbo tra Progressive Metal e Metal di stampo classico (Saxon, Iron Maiden tanto per intenderci). Ovvio che se pensate agli sboroni di Boston (non voglio nominare il loro nome invano, almeno questa volta), lo stiledei 'rÿche vi suonerà "solo" come Metal ben suonato con nulla a che vedere con la musica progressiva. E loro, almeno nei primi lavori, hanno esplorato territori progressivi senza mai apparire effimeri ed esageratemente autocompiacenti. A differenza delle band Heavy (o Thrash, che dir si voglia) della scena americana (Bay Area Docet), che sbucavano come formiche dai vari garage, i ragazzi dell'Oregon avevano un suono molto europeo ed un atteggiamento più intellettuale, e talvolta, politicamente impegnato.
Queensrÿche, omonimo EP d'esordio dei Queensrÿche, intanto, ci toglie il compito di dover decidere in che genere confinarlo, essendo puro Classic Metal ottantiano ben suonato, e di conseguenza, ci mostra le capacità di questa ottima band agli inizi, a suo modo ancora acerba come stile, ma assolutamente godibile.
Line-Up: Geoff Tate è una delle più belle ed efficaci voci del mondo del rock in generale. A mio avviso, migliore sia di Dickinson che di Halford (De Gustibus ovviamente). Chris DeGarmo e Michael Wilton superano decisamente un qualsiasi Murray e un qualsiasi Smith. DeGarmo è pure il maggiore responsabile del songwriting. Eddie Jackson, se proprio si vuole continuare il parallelo con “i membri della Vergine di Ferro” (chiedo perdono per l’espressione equivoca), è molto valido tecnicamente, anche se non eguaglia il genio di Steve Harris. Steve Rockenfield e Clive Burr (McBrain è secondo me comunque inferiore) più o meno si equivalgono, anche se negli album successivi, l'evoluzione del drumming raggiunge un livello superiore nei Queensrÿche.
Dopo la dovuta introduzione, giungiamo alle canzoni. Si parte con "Queen Of The Reich", forse in assoluto la miglior canzone dei Queensrÿche, dove emergono tutte le doti vocali di Tate, dall'acuto iniziale a quello del ritornello. Il basso appare timidamente, le due chitarre sono padrone del gioco (l’assolo è molto bello) e la batteria detta tempi efficaci che rendono il brano molto dinamico. "Nightrider" parte lenta e tenebrosa con un riff che ricorda i primi Black Sabbath, accelera durante la strofa per poi rallentare ed appesantirsi durante il chorus. Arriviamo a "Blinded", che smorza i toni delle precedenti, meno evocativa, ma piuttosto coinvolgente lungo i suoi tre minuti cavalcanti che terminano con il lamento del fenomenale cantante. L'altro capolavoro assoluto di questo EP è "The Lady Wore Black", una ballata aperta da un gelido arpeggio, sotto il quale spira il suono del vento altrettanto spettrale e freddo. La voce si abbassa durante le strofe per poi esplodere nel coinvolgente ritornello, poi quando arriva il lento e desolato assolo è l'apoteosi. Si chiude con "Prophecy", abbastanza anonima rispetto alle precedenti, e nonostante ciò quella che entra in testa più facilmente. Una tappa fondamentale per capire chi erano i Queensrÿche nel 1982; un ottimo esordio per una band che avrebbe sicuramente meritato un maggiore seguito.
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