Periodo ricco e prosperoso in campo musicale quello che va dal 2000 al 2003 per Paul Gilbert. Eh sì, perchè dopo la fine della sua militanza nei Mr.Big, il buon Pablo non si è perso d'animo ma anzi ha iniziato a sfornare alcuni album solisti conditi da numerosi tour in giro per il mondo, ma ha anche trovato il tempo di riunire il suo primo, storico gruppo, quei Racer X che gli diedero fama e notorietà sul finire degli anni '80.
Dalla reunion sono scaturiti alcuni ottimi album, come "Technical Diffculties" e "Superheroes" e un paio di live, sotto i titoli di "Snowball of Domm I" e "II"; dopo di questi, si giunge a questo "Getting Heavier" datato appunto 2003 e, per ora, ultima release in studio del quartetto.
Se già da "Technical Difficulties" si era notato un lieve cambiamento di rotta rispetto al primo, furioso speed-glam metal degli esordi in favore di un heavy più classico e quadrato, ma nel successivo "Superheroes" si potevano ritrovare reminiscenze di quel primo periodo (in particolare nella title-track), con questo "GH" il sound si fa ancora più essenziale, quasi crudo, sottolineato dalla totale mancanza di sovraincisioni di chitarra per praticamente tutte le canzoni: solo una chitarra, un basso ed una batteria e la solita potente ugola di Jeff Martin, che ha abbandonato gli strilli acuti e sgraziati dei primi anni per acquisire una timbrica potente e precisa.
Il risultato però non è compltamente all'altezza delle aspettative anzi, sicuramente rispetto ai suoi predecessori "post-reunion", si tratta di un passo indietro: intendiamoci, il valore di ogni singolo componente della band è fuori discussione così come le loro prestazioni, però qualcosa non va...
Già l'opener "Dr. X" non fa gridare al miracolo: mid-tempo abbastanza classico in cui alla voce di Martin si alterna quella dello stesso Paul, buono il finale di assoli di chitarra in crescendo che si stoppa improvvisamente; migliore invece la successiva "Lucifer's Hammer", veloce e trascinante, una delle migliori dell'intero cd.
La situazione precedente si riscontra un po' in tutto il cd: continuo alternarsi di alti e bassi; da una parte ottime canzoni come "Golden God", hard-rock stile AC/DC potente ed energico in cui si segnala un notevole assolo in string-skipping di Paul; "Empty Man", mid-tempo non molto originale ma coinvolgente nelle sue sonorità; "Ghost Dance", ballad dalle atmosfere cupe e malinconiche (ottima l'interpretazione e l'espressività di Martin in questo caso); dall'altra "buchi" e passi falsi che lasciano francamente un po' stupiti: "Bucket of Rocks" è un modesto rock anch'esso in stile anni '70, "Go--GG--Go" è banale e sa un po' di inutile riempitivo, "Siren's Eye" parte abbastanza bene, ma poi si perde tra cambi di tempo, sonorità e melodie poco convincenti...l'apice dell'inutilità lo si ritrova però in "Everything's Everything", disarmante nel suo piattume e nella noia che provoca già dal primo ascolto: veramente un evidente segno di mancanza di ispirazione!
Carina invece "Endless", canzone di facile presa sull'ascoltatore con i suoi ritornelli capaci di stamparsi in testa immediatamente e con il suo testo che evoca atmosfere di viaggi ed avventure di un uomo qualunque; decisamente simpatica invece "Heaven in '74", che rievoca sia nella musica che nel testo le memorie degli anni '70, guardati con un occhio di nostalgia; ottima infine la conclusiva strumentale "Catapult to Extinction", con in evidenza i classici duetti di chitarra-basso della coppia Gilbert-Alderete.
Insomma, un buon cd alla fine dei conti, che forse per il fatto di doversi confrontare con i sopra citati predecessori, parte già un po' svantaggiato; cosa aggravata dalle lacune rappresentate da quelle 4-5 canzoni che ne abbassano il valore complessivo.
Elenco e tracce
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