Gli 8 secondi con cui si apre il più bel lavoro di Raf che io conosco fra gli album usciti tra l'89 e il '93 ("Cosa resterà..." e "Cannibali") in cui si nota una caratteristica mai troppo risaltata del nostro: la capacità di scrivere (da solo o con altri) canzoni dove l'elemento umano o d'amore convive con ciò che accade nella società e/o nel mondo in maniera perfetta.
Sì, infatti chi avrebbe mai scritto "Agnus Dei / non ci sarà redenzione per i nostri peccati" in una canzone estiva ("Siamo soli nell'immenso vuoto che c'è")? Mi si dica se negli anni '90 ci sia stato un altro come il nostro a coniugare tutti questi elementi in maniera perfetta. Sono certo che la risposta è NO.
Raf chiudendo due anni prima a suo modo il decennio precedente a Sanremo con "Cosa resterà degli anni '80" (un testo "particolare", in qualche senso, per un giovane allora di quasi 30 anni), allo stesso festival si presenta con una ballata molto toccante in cui il protagonista confessa il suo senso di smarrimento (lo stesso che per altri motivi caratterizza "Siamo soli") e la sua perdita (o la mancanza) di una fede (di un "dio") davanti agli sconvolgimenti del mondo (per esempio "l'arrivo di altri popoli"). E solo nell' "amore" la chiave per poter rinascere.
Sto parlando, ovvio, di "Oggi un dio non ho". Ed è proprio vero che il mondo (il nostro, quello occidentale) del 1991 aveva in qualche modo perso le coordinate: la perestroika di Gorbachev, il crollo del muro di Berlino, le immigrazioni (specialmente in Italia) ("l'arrivo di altri popoli") portatrici di nuove fedi e altre culture, la dissoluzione dell'Urss, l'interminabile conflitto fra israeliani e palestinesi...
Davanti a tutto questo come ci si può mantenere in piedi con tutti i punti di riferimento che cadono? Solo l'eternamente cantato amore sembra essere la risposta (e la speranza) a ciò.
Anche Raf, come per altri motivi Tozzi, arriva al momento giusto nel cantare di una situazione nuova (per allora) all'uomo comune: l'approccio con nuove fedi e culture (da fuori) che mettono o sembrano mettere in crisi il/i proprio/i credo/i e/o ideologia/e (e il conseguente senso di smarrimento che ne caratterizza).
E chiudendo col tema dello "smarrimento" parlo della title-track finale "Sogni".
"Sogni...è tutto quello che c'è". Proprio così! Quando tutto crolla ed è instabile il mondo intorno a te, sono solo i sogni a salvarti, ci dice il nostro. Ed è proprio vero! Non riuscirò mai a spendere abbastanza parole per questo (capolavoro di) album.
Altri brani che voglio porre all'attenzione sono giusto uno: "Interminatamente". Seconda track del disco e parola che non è mai stata usata, a parer mio, nella lingua corrente, ma canzone d'amore bellissima.
Da segnalare (gusti miei, ovviamente) anche "Malinverno", "Anche tu" (cantata con Eros Ramazzotti) e "E' meglio così" (specialmente per gli assoli di armonica).
Sì, credo fermamente che Raf abbia avuto il momento di (gran) gloria fra l'89 e il '93 i cui episodi più belli sono stati a parer mio "Ti pretendo", "Cosa resterà", "Santi nel viavai", "Oggi un dio non ho", "Siamo soli", "Battito animale", "Cannibali" e "Due" (una parentesi con "Infinito" nel 2001).
Il resto, invece, è andato secondo me a livelli accettabili. Che ne pensate?
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