Gli anni 90' sono conosciuti, nel panorama del genere metal, più per la nascita di nuove correnti musicali che proprio in quegli anni andavano a formarsi, come il Nu (Korn, Limp Bizkit), Alternative (Nine Inch Nails), o lo Stoner (Kyuss). Sebbene il genere heavy avesse già detto molto nel lasso di tempo che va dal 1982 al 1987, c'erano altri gruppi che tentavano di riportare in auge quel genere che col passare del tempo era passato sempre più in secondo piano. Inutili erano difatti i tentativi di band Hair/Glam Metal che ottenuta la fama nella prima metà degli anni 80', provavano a immettere nei loro nuovi album influenze di quei generi sopracitati, per cercare di riottenere la fama, tentativi che nelal maggior parte dei casi si rivelarono dei fallimenti. Skid row, Warrant, Motley Crue, Poison, Tesla per dirne qualcuno.

La Germania era la nazione dove il genere heavy non era ancor astato totalmente sopraffatto da quest'aria di cambiamento, e dove gruppi come i Running Wild (che in quell'epoca vivevano il loro momento di massima popolarità), Grave Digger, Accept, e Axxis rimanevano ancora in piedi. Fra tutti, i Rage sono forse quelli rimasti più coerenti con la loro musica, sia guardando al passato che ora come ora. Emersi nel 1985 con il nome "Avenger", e successivamente nel 1986 con il nome Rage, la band capitanata da Peavy Wagner ha sempre dimostrato nella sua carriera una coerenza e una costanza come pochi. Rimasti ancorati a uno speed/heavy metal negli esordi, caratterizzato dalla voce roca e potente di Wagner, nel 1996 i Rage collaborano con la Lingua Mortis Orchestra per creare un progetto che permetta ai Rage di aggiungere elementi sinfonici e orchestrali alla band, progetto che vedrà la sua massima espressione in lavori come "Lingua Mortis" (1996) e "XIII" (1988). Proprio fra questi due album si colloca il disco che andrò a recensire, "End Of All Days", album che si contraddistingue per un richiamo agli esordi, specialmente a lavori come "Trapped! (1992) e "Perfect Man" (1988), aggiungendo però una cattiveria e una ricerca della melodie sempre più insistente.

Due infatti sono le caratteristiche che fanno di questo album uno dei più belli della band tedesca, e che sarà anche il più apprezzato dai fan del periodo più diretto e scarno della band. La melodia e la potenza. Tracce dirompenti come l'opener "Under Control", con un ritornello ripetuto più e più volte da entrare in testa, e "Deep In The Blackest Hole" sono la prova che i Rage, seppur abbiano abbracciato un cambiamento musicale non da poco con la LMO, dimostrano di non aver dimenticato le loro origini. Altra traccia da segnalare è "Let The Night Begin", dove la batteria diventa il vero protagonista del pezzo. Collegandoci invece alla melodia invece si trovano canzoni più cadenzate e caraterizzate da stupendi assoli di chitarra come in "Fortress" o la più digeribile da ascoltare, ma pur sempre ottima titletrack "End Of All Days". Trova spazio anche un pezzo sorretto da un pianoforte e accompagnato da un violino, con il primo suonato da Peter Wagner, ossia "Fading Hours", che personalmente trovo ottimo, ma che sarebbe stato più adatto su album orchestrali come "Ghosts" o "XIII". Più misteriose e oscure invece si rivelano "Desperation" e "Voices From The Vault", che nell'ascolto sembrano come collegate da un unico filon, e che contribuiscono a comporre un ottima melodia. Non da meno è la copertina, tanto semplice quanto efficace che ritrae la mascotte del gruppo, il Soundchaser, un mostro simile ad un alieno che accompagnerà i Rage per quasi tutta la loro carriera e del quale sarà spiegata la sua storia nell'album "Soundchaser" (2003). Ma questa è un altra storia.

In un decennio in cui il genere Heavy tendeva gradualmente a scomparire, e ad essere sempre meno apprezzato, i Rage hanno rappresentato per molte persone amanti del genere una vera e propria ancora di salvezza. Va ovviamente precisato che "End Of All Days", a detta dello stesso Wagner,, non fu un album uscito così per caso. Reduci dal disco della svolta con la Lingua Mortis Orchestra, molti fan non gradirono molto il cambio di sound effettuato dal trio tedesco, e quest'ultimo rilasciò per l'appunto questo album con il quale potè riappacificarsi con i propri fan. Le release uscite con la LMO, rappresentano ancora oggi per molti sostenitori della band l'apice compositivo della band, il che vuoldire che col passare del tempo molti album prima definiti orrori vengono rivalutati, diventando la punta di diamante di un gruppo.

Pace fatta? Direi di sì.

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