Re, stregoni, castelli, rivolte popolari, elfi, scenari fantastici ed evocativi: in una parola, FANTASY. Queste sono le atmosfere che sprigiona il primo disco dei Rainbow, RITCHIE BLACKMORE'S RAINBOW.
Questo primo lavoro è, infatti, un bell'affresco multicolore dall'aria molto epica in cui il Man In Black Ritchie Blackmore può esprimersi in tutte quei suoni fantasy a lui tanto cari.

Il cd (nato soprattutto come un divertissment) presenta canzoni che sembrano composte più per togliersi alcuni sfizi che come progetto per un gruppo vero e proprio (vedi la cover dei Quatermass e l'allegra IF YOU DON'T LIKE ROCK N' ROLL con un grande assolo di piano). Ma nonstante tutto, è da notare l'ottima prova musicale del nuovo gruppo, con Dio che con la sua voce dà a tutte le canzoni un'atmosfera molto evocativa.
Assolutamente imperdibili sono le gemme melodiche CATCH THE RAINBOW e TEMPLE OF THE KING. La prima è una ballata molto ipnotica e sognante (live verrà molto dilatata), con Blackmore che accarezza la sua chitarra seguito ottimamente da Ronnie. La seconda è, invece, una canzone semi-acustica caratterizzata da un testo molto medioevale e da un Dio nell'affascinante ruolo del menestrello. Ottime anche MAN ON THE SILVER MOUNTAIN (grande Riff) e XVI CENTURY GREENSLEEVES, quest'ultima trascinanta da un bel riff di Ritchie e da un grande lavoro del tastierista Micky Lee Soul. Veramente piacevoli risultano anche SELF-PORTRAIT (condotta ottimamente da Dio) e SNAKE CHARMER canzoni che s'inseriscono perfettamente tra le perle del disco, aumentandone lo spessore generale e completandolo con sound e colori sempre affascinanti. Chiude la cover strumentale degli Yardbirds STILL I'M SAD canzone che verrà molto elaborata dal vivo (proponendola anche in versione cantata) ma che non sfigura neanche sul disco, risultando, però meno coinvolgente.Questo disco, è uno schizzo affascinante (e ben riuscito) del sound dei Rainbow, sound che verrà ancora più elaborato e sviluppato (da una nuova line-up sempre con Dio e Blackmore) nel successivo RISING. Il padre, insomma, di uno dei più grandi dischi del Metal.

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