Gentile Signor Towner,

ogni volta che finisco d'ascoltare il suo "Open Letter" finisco per chiedermi cosa avrà mai scritto in questa Sua lettera aperta. E soprattutto mi sono domandato chi, a Suo parere, avrebbe dovuto leggerla. Magari, chi lo sa?, la lettera è aperta a quelli come me, che di Lei e del Suo genere musicale non sono dei cultori...

Guardo questa copertina, sembra un tratto di costa, un fiordo, ma i colori non corrispondono. Sembra un plastico, ma di che cosa? Qualcosa che non esiste in natura. E'freddo, è gelido, eppure invitante. E' registrato nella fredda Oslo, e magari l'ha composto anche lì. E' così Mr. Towner?

Cosa avrà scritto in questa lettera aperta dunque, Mr. Towner? E cosa rappresenta questa cover, perlomeno per Lei? Dov'è "Magnolia Island", dove si può assistere alla "Nightfall"  che ha visto Lei? A cosa si riferisce il suo "Sigh"? A cosa è dovuta la "Infection" e cos'è un "Alar"?

Ecco, io ascolto "The Sigh" ed anche Lei mi sembra incerto, a dirla tutta. Le note della Sua chitarra sembrano un mare calmo e caldo fino a quando non irrompe una gigantesca nuvola plumbea, carica di dubbi, di aneliti, di tensioni. Mediterraneo d'estate o Baltico d'inverno? Scelga, Mr. Towner. Io, di mio, anche quando Lei torna a rilassarsi preferisco non fidarmi. Mi scuserà, non è vero? E d'altronde credo persino d'aver fatto bene, dato che il finale che ha scelto per il brano è quasi horror.

E' una musica immaginifica, la Sua, direi subliminale,  oppure sono io che fantastico troppo? E'  un suono che non ha mai pace, che anche se par vivere sul facile e sul melodico ecco che ti riporta subito in bilico. In "Adrift" pare voler divenire rilassante, e poi riprende il suo territorio d'appartenenza. Percussioni sopra un tappeto di synthesizers che trattengono perennemente il fiato: sapiente scelta, Signore. Nel frattempo la Sua chitarra si snerva, quasi volesse provare a sbucare fuori da questa palla di gomma trasparente in cui è intrappolata, alla ricerca del ritmo, della melodia o del relax. Ma è un bluff, Lei non vuol proprio andare da nessuna parte, non è così? Lo ammetta, Mr. Towner, cosiccome ammetta che quel titolo e quella copertina non significano niente, suvvia! La Sua chitarra s'agita soltanto perché in questo modo Lei ne ricava altra giammai stemperabile tensione a fior di (o "fiordi"?) pelle.

In "Alar" ridona intimismo, direi riflessività, ad un brano dall'incipit troppo "esclamativo". Sembra invocare l'arresto di ogni avanzata, invitare a soffermarsi, a contemplare, a capirsi. Ma la logica non c'entra, e forse neppure l'emozione. E non c'è niente da comprendere, ovviamente. Riesce a straniare col Suo tocco fintamente dubbioso anche la melodia più dolce di un paio di covers, e mi sembra anche un po' ammiccante, mi scusi se le sembro poco educato. E' che mi pare come se ogni Suo fraseggio fosse una frase che finisca con un bell' "eh?", come a dire "non è così?". Non lo so se è così, ma non mi pare, se proprio la vuol detta tutta.

In "Magic Pouch" le Sue note viaggiano così lievi che se scagliasse i Suoi spartiti su una ninfea di uno stagnetto, quelli non affonderebbero. Ma mi tolga una curiosità: Lei sembra nato per una tramontuosa bossanova brasileira, o per una samba all'acqua di rose, ed allora come mai se ne sta ad Oslo? Come mai mette una specie di fiordo artificiale in copertina e piazza tutta una moltitudine di brani più inquieto-inquietante dell'altro?

Sa cosa Le dico? Oramai sono al brano numero nove e non ho, comunque, più l'intenzione di capirLa. In "Magnolia Island" per metà appare uno Steve Howe alle prese con una suite in cui si disquisisce di gnomi e fatine, mentre per l'altra metà pare una rock star impegnata in un assolo con la chitarra sbagliata. Ora che ho rinunciato, potrebbe essere qualsiasi cosa, mi creda.  Anche un compositore notturno, metropolitano, claustrofobico, come ella Sua perla conclusiva "Nightfall".

Al di là dei brani, del loro incedere, delle melodie, delle variazioni, dico che di Lei quel che mi piace e mi spaventa maggiormente è l'intensità che esprime, la tensione che mi ha calamitato dentro ad un maelstrom artificiale, riprodotto in un parco dei divertimenti,

Io non sono un esperto della Sua musica, Mr. Towner, torno a dirlo, e questa mia pagina non Le renderà certo onore come invece han fatto quelle di recensori ben più preparati sull'"argomento". So che però non pochi son gli artisti che La annoverano fra le proprie fonti ispiratrici, so che Lei ha uno stile esecutivo e compositivo inconfondibile, una vasta produzione solista e non, e che il piacere per un suono "evocativo", qualunque cosa possa significare, l'ha sempre accompagnato. Questa "Open Letter" però è un bluff, forse il modo meno corretto per avvicinarmi alla Sua musica, non è vero? Oppure no? In fondo, per schiarirmi le idee, dovrò approfondire l'argomento, e quindi ascoltare altri Suoi lavori, non è così?

Allora possiamo dire che è il modo meno corretto ma il più efficace.

Eh?

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