Realm... Ovvero: "Col talento, la convinzione e l'originalità mica ci compri il pane".

Alla fine degli anni ottanta la scena Thrash Metal viveva un momento di complesso mutamento... Non mi soffermerò a descrivere minuziosamente (e pallosamente) la situazione, ma vi basti sapere che la voglia di rinnovazione ed evoluzione stava spingendo molti gruppi, esordienti e non, alla ricerca di quel qualcosa che permettesse al genere di non riciclarsi in eterno e di non morire soffocato dalla propria staticità. Questa ricerca portò a risultati qualitativamente strabilianti e a quintali di nauseante pattume musicale.

Ma qui sta LA contraddizione incomprensibile (almeno per il sottoscritto): questa manifesta e chiara voglia di rinnovamento maturava all'ombra di una scena incapace di modificare la propria linea gerarchica e a cospetto di un bacino d'utenza conservatore e poco incline verso le variazioni stilistiche. Mah!

I Realm (precedentemente chiamati Bloodhunt) nascono e muoiono in questo nebuloso clima instabile, lasciando a ricordo un debutto incredibile e un ottimo, ma meno intenso, successore. Tra vene moderniste e votate all'impatto melodico (che poi avranno il sopravvento) e diversi canti del cigno, i Realm, come loro credo, scelgono la strada del Techno-Thrash (dove Techno sta per complessità, varietà e tecnica)... Quella strada che venne illuminata e percorsa la prima volta nel 1986 dai grandi Watchtower con il loro "Energetic Disassembly" che segnò l'inizio del rinnovamento Thrash e dell'avvicinamento al tecnicismo sonoro che flirtava con realtà inedite e distanti (progressive, jazz etc...) portandolo a simbolo di appartenenza metallica.

L'anno mirabilis per tutto il movimento e per tutte le evoluzioni che dal Thrash nacquero, fu il 1988 (anno d'uscita di questo "Endless War"), ideale check-point tra 2 modi di vedere e concepire il Thrash. Forti di un contratto con la Roadrunner conquistato grazie ai demo "Perceptive Incentive" e "Final Solution" (1985-1986), i Realm debuttano con un album che rafforza l'avanguardia stilistica e l'innovazione tecnica dei primi Watchtower ma che al contempo (e qua sta la grandezza di questo lavoro) possiede un impatto e un'immediatezza "melodica" che rende un lavoro così complesso fruibile e accessibile.

Incredibilmente i Realm risultano "freschi e genuini" come i prodotti dell'orto della nonna... Una genuinità che porta a una chiarezza di intenti che in parte li lega alla scena Speed-Us Metal... Una genuinità che riesce istintivamente e meravigliosamente ad amalgamarsi con la sua antitesi per eccellenza: l'assoluta e ostentata consapevolezza ed esaltazione della propria bravura strumentale e delle proprie eccellenti doti tecniche. Il tutto confluisce in una convinzione talmente naturale che prende immediatamente le distanze da quella spiacevole, sterile e fredda complessità nevrotica, molte volte fine a se stessa, che (ahimè) contraddistinguerà alcuni gruppi del tempo (per fare un nome: i Deathrow di "Deception Ignored" dello stesso anno) e tutti quei gruppi che fanno della tecnica strumentale il loro punto di forza (chi ha detto Progressive Metal???... Bravi!).

Il regno dei Realm è un mondo governato con severa e calcolata razionalità, un mondo preciso, delineato, ma allo stesso tempo caratterizzato da confini incerti e nebulosi che annoverano al loro interno molte realtà (Thrash, Prog, Power, Blues?!?) e sterminati territori inesplorati. Il tutto si concretizza in un affresco lucido e distorto di brani uno più bello dell'altro. Un dipinto dai colori netti e precisi, a volte in netto contrasto, che nell'incontrarsi sfumano in un abbraccio forte e pericoloso in bilico tra tonalità innovative e palesi riferimenti artistici. I Realm si dimostrano esperti equilibristi e forse proprio "equilibrio" è la parola chiave per descrivere al meglio la loro musica: sospesi sul sottile filo del Thrash, oscillano pericolosamente tra improvvisazioni progressive e quadrature US Metal, tra estro nervoso e rabbiosa pesantezza, tra immediatezza e varietà, tra sacro e profano, in una mescolanza folle e perfetta, raramente sentita al tempo. Sorprendente il fatto che questo maniacale e nevrotico "equilibrio" sia mantenuto dai nostri per tutta la durata dell'album, facendoci scoprire una maturità e una personalità che riesce quasi a farci scordare di trovarci davanti ad un debutto.

I nostri scherzano con la forma canzone restandoci comunque ben aggrappati, impongono alla violenza sonora un'eleganza espressiva, emozionando e creando una palpabile tensione tra cambi di tempo veloci e incasellati alla perfezione ("Endless War","All Heads Will Turn To The Hunt"","This house is Burning"); mitigano la rabbia esplosiva con claustrofobici arrangiamenti curati e complessi, gonfiati con un ottimo uso della melodia ("Slay to Oppressor","Fate's Wind"); inseriscono, e fanno giocare tra loro, stacchi acustici, accelerazioni, rallentamenti, strutture furiose e momenti più rilassati ("Root of Evil","Second Coming"); si lasciano andare a momenti incontrollati e incontrollabili (la pazza "Mang" e "Poisoned Minds"); e per un attimo, giusto un attimo, abbandonano la tanto cara "forma canzone" per perdersi in strutture progressive dal lontano sapore blueseggiante che formano attraenti quanto innovativi "collages" sonori dove imprevedibilità, impatto e tecnica trovano il loro punto d'incontro, senza però snaturarne l'incredibile coerenza compositivo e melodica ("Eminence"... l'atmosfera di questa canzone si può coraggiosamente accostare all'approccio ragionato, emotivo e imprevedibilmente strutturato di un capolavoro come "The Sound Of Perseverance" del mai troppo compianto Shuldiner). Tutto è talmente potente e convincente che la rivisitazione in chiave Speed-Thrash della beatlesiana "Eleanor Rigby" non sfigura affatto e ben si amalgama al resto del lavoro.

Insomma, un lavoro maniacale e sentito, che mette in luce la perfetta preparazione dei 5 elementi e che sottolinea marcatamente la bravura della coppia di asce Paul Laganowski-Takis Kinis (quest'ultimo vera mente del gruppo) e le istrioniche capacità vocali di Mark Antoni in grado di passare agilmente da toni più "teatrali" a falsetti altissimi e corrosivi, senza dimenticare il preciso ed estroso lavoro della sezione ritmica Steve Post-Mike Olson. Le potenzialità del gruppo trovano la loro piena espressione in questo lavoro... Un lavoro dove a dominare sono la determinazione, l'impatto, la varietà, la melodia accattivante e la tecnica elegante e dove tutte le incertezze e le ingenuità sono bandite (presenti a mio avviso, tanto per fare un paragone, nel World Circus dei Toxic?). Nell'ambiente maturò una sana rivalità tra i Realm e i succitati Toxic che venivano paragonati in termini di spessore tecnico e innovazione Thrash... Battuti sull'esordio, i Toxic si prenderanno una bella rivincita l'anno successivo con quel capolavoro di "Think This" (ma questa è un'altra storia).

Successivamente la band, cercando di non ripetersi ed evolvere il proprio suono, pubblicherà "Suiciety", un lavoro molto gradevole che spingeva di più sul (freddo) tecnicismo e su strutture intricate e complesse, perdendo un po' di quella genuinità-accessibilità che aveva fatto grande un lavoro come Endless War (ma questa è ANCORA un'altra storia). Successivamente il complesso non raccoglierà i frutti dei propri sforzi, il grande assassino Grunge arriverà e ai Realm non resterà altro che sciogliersi (ma questa è VERAMENTE un'altra storia).

Chiunque assapori questo prelibato minestrone Thrash si perderà nello scoprirne pian piano le varie sfumature e retrogusti e alla fine non potrà che fare i complimenti agli "chef" che con tanta perizia sono riusciti ad offrire un pasto abbondante, saporito e complesso.

Peccato (davvero) per la scarsità delle mance.

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