Il mio rapporto con Tim Buckley comincia alcuni anni fa, quando gli inverni erano ancora freddi. Lessi allora uno di quegli epitaffi da rivista musicale, che a memoria, faceva così: "Una voce leggendaria, che ha segnato indelebilmente la musica rock. I suoi dischi sono oggetto di culto, anche a causa della sua fine tragica, avvenuta a soli 28 anni, il 29 giugno 1975".
Restai basito: il giorno dopo ero nato io. Ci eravamo passati il testimone, fuori uno dentro un'altro. La circostanza mi indusse a recarmi, l'indomani, dal mio spacciatore di musica. Per una volta avevo le idee molto chiare sull'artista da comprare. Non già sul disco da scegliere. Optai per "Look At The Fool". Il titolo promettteva bene, "Guarda il Pazzo", e poi era l'ultimo lavoro prima della Dose Sbagliata, sarà il testamento, pensai, il Pazzo che si sventra davanti a noi, lo spettacolo migliore. E poi c'era proprio lui in copertina, e dietro, la luna piena che si specchia a mare. Lo presi senza esitazione.

Lo rimetto oggi, per scriverci un pò di roba su, ma mi areno più o meno ai due terzi, può bastare. C'è poco da dire su questo disco. Si potrebbero arrangiare un paio di righe sulle marcate venature soul, sulla classe infinita di Tim Buckley che nasconde l'assoluta povertà di idee, potrei citare un paio di momenti che sopravvivono all'oblio. Ma sarebbero bytes sprecati. "Look At The Fool" consta di una mezzoretta abbondante di musica assolutamente inutile e manieristica.

Ma allora, quell'epitaffio? Col tempo svelai l'arcano. Furono i dischi tra il 1967 e il 1971 a rivelare al mondo la più straordinaria voce ad oggi apparsa. Mai gli interessarono le parole. Lo definirono "cantautore", ma le sue liriche erano un pre-testo. Contava solo la voce, fatta di aria, saliva, muscoli. Quella voce che divenne strumento, quella voce che si insinuava nell'impensabile. Quella voce che era tutto, preghiera e lamento, analisi e catarsi, urlo di dolore e Hallelujah, ma mi fermo qui, Tim Buckley non si spiega a parole, l'avrete capito.
Proviamo così: "Navigatore delle stelle", è il titolo di un suo capolavoro. Chiudete gli occhi e immaginate questa figura. Ecco. Buckley era un naufrago dell'iperspazio, incapace di approdare ad una Terra bastarda. Evidente che lì sul pianeta i dischi (volanti?) di Tim Buckley venivano regolarmente abbattuti dalla contraerea, oppure, meno fantasiosamente, ignorati dagli abitanti del luogo. Omertà.

Ma la droga bisognava pur comprarla, sareste così crudeli da negargliela? E così il nostro eroe dismette astrotuta ed elmetto, e si mette a fare musica confezionata, col fiocco rosso. E dunque, "Look At The Fool". Guardalo, il pazzo, che ruggisce come un gattino tra archi, coretti, e finali in delay.

Non chiedetemi un voto a Tim Buckley, cosa dovrei dargli? Uno? Due? E chi sono io per fare questo? Mai giudicherei un uomo che in 28 anni ha trovato il tempo di ardire l'impossibile, tracciare costellazioni, morire.

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