È la lenta e progressiva agonia di un metronomo che parte baldanzoso sui 150-160 bpm (il primordial metal tarantolato-martirizzante della opener "Saint Vitus"), per poi finire affumicato dal tetraidrocannabinolo, mantecato nell'acido lisergico, ridotto a ciondolare peggio di un ubriaco a braghe calate su quegli ipnotici 30-50 bpm dei tre capolavori conclusivi (l'old school dope-cacarella-doom di "Zombie Hunger", "The Psicopath", "Burial At Sea").
È la chitarra di Dave Chandler, aspirante proto metallaro con la faccia da delinquente ispanico, zazzera pulciosa e cervello barattato con qualche onesto commerciante di Parco Sempione. Quando suona Lui la chitarra, sembra sempre che Iommi se la stia spassando con uno di quegli ampli col cono lessato con cui i Blue Cheer si dice una volta abbiano ammazzato un malcapitato cane. L'effetto è più o meno quello di un calabrone rinchiuso in una scatola di cartone, ma se si accorda il tutto un paio di dozzine di ottave più in basso della norma, ne viene fuori qualcosa di buono. Fuzzoso, certo. Ma buono.
È la faccia da Doraemon cattivo, con i baffi e la voce un po' da checca di Scott Reagers (martire, stregone, non morto, psicopatico e sepolto vivo, a seconda delle esigenze di copione), uno che non ci prova nemmeno a imitare Ozzy, forse perché ha capito che è meglio avere un discreto cantante, magari non un genio, ma dotato di un pizzico di personalità e di un paio di cripte di teatralità esasperata, che non un patetico clone.
È il basso di Mark Adams, è la batteria di Armando Acosta. È una sezione ritmica dall'incedere talvolta incerto e zoppicante, talvolta impreciso, ma sempre ossessivo, opprimente.
È una strana razza randagia di metal zanzaroso e oscuro, nera mescolanza di heavy anni '80, rimembranze seventies, pachidermici rallentamenti liturgico-sabbathiani e testi da film della Hammer. Cinque canzoni in trentacinque minuti. Grezze, imperfette. Farfalle di un metallo più duro del ferro. Movioloni di chitarrismi, lento e inesorabile sgocciolare di cassa, rullante e timpani, deambulare stentato di ritmiche, confondersi ipnotizzante di battere e levare, immagini di zombi, lapidi e streghe proiettate al ralenty per fare più paura. E assoli suonati su scale di vetro che si frantumano nel cervello in cocci affilati a wah wah acidi e distorsioni sepolcrali.
È la vecchia scuola del Doom che, nel 1984, apre le iscrizioni.
È l'esordio dei Saint Vitus.. si dia inizio alle danze..
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