A volte capitano degli eventi talmente improbabili che, oltre a coglierci alla sprovvista, fanno crescere mille dubbi nelle nostre menti prese in contropiede. Quando ho ascoltato questo disco sono rimasto esattamente così: sconvolto. Perché quella presa in esame è una prova sconvolgente, di una bellezza ed un'originalità pazzesca... Ma allora perché? Perché nessuno lo conosce? Com'è possibile che un tale calderone di suoni e stili, che spaziano dai toni cupi ed inquietanti dell'art rock di stampo gotico dei Van Der Graaf Generator, passando per il tecnicismo barocco dei Gentle Giant fino ad affacciarsi alle arie jazzate della scena di Canterbury, sia passato inosservato per più di trent'anni? Inutile ricercarne i motivi mettendosi a parlare di come si siano evoluti (evoluti...) i gusti musicali della stragrande maggioranza delle persone in questo lasso di tempo e dell'indottrinamento passivo dei media sulle nuove generazioni, sennò finisce che mi altero per niente. Concentriamoci perciò su quest'opera rimasta per troppo tempo nei recessi dello scaffale più buio del mondo musicale e prepariamoci a dargli una bella spolverata...

Ma prima di mettere mano al panno credo sia necessario nonché doveroso spendere due parole sui realizzatori di questo lavoro; i quattro svizzeri che nel 1977, sotto il nome di Island, si sono recati agli studi Dischi-Ricordi di Milano per registrare questo "Pictures", loro prima e unica testimonianza discografica. La band è guidata dal vocalist Benjamin Jager (precedentemente con i Toad, ma uscitone dopo il completamento del primo LP), co-autore di tutti i brani insieme al tastierista Peter Scherer, addetto anche al pedale-basso. Non a caso il bassista non c'è... e il chitarrista? Neppure, ma non ne sentiamo la mancanza. Chiudono infatti la formazione il sassofonista René Fisch, che sembra non disdegnare neppure l'uso di flauto e clarinetto, ed il batterista Guge Jurg Meier, che si occupa anche delle percussioni (ah già, in questo gruppo tutti suonano le percussioni..).

Torniamo dunque ai nostri propositi di pulizia ed iniziamo a strofinare. Lucidando la copertina, la prima cosa che ci colpisce è l'illustrazione di Giger (connazionale dei quattro musicisti), stupenda e minacciosa, quasi disturbante nella sua sconfinata ricchezza di particolari (uno dei tratti peculiari di tutte le opere d'arte di Hans), tanto che riesce quasi ad assumere l'aspetto di puro terrore che prende vita; un incubo che sfocia e si perpetua inesorabilmente nella nostra dimensione cosciente, inseguendo e straziando le nostre effimere sicurezze e sgretolando i nostri punti di riferimento, facendoci così sprofondare in una realtà distorta e grottesca, dove le insicurezze e i timori dei quali non riusciamo a liberarci vengono amplificati oltre l'umano limite della sopportazione. È in questo clima di sospensione e di angoscia che partono i primi suoni di "Introduction", o forse dovrei dire cori, voci, sussurri, bisbigli... E quando il nostro animo inizia ad abituarsi all'oscurità, anche noi cominciamo a non sentirci più vittime di una sorta di elaborata tortura uditiva.. no.. le note si delineano e capiamo di essere in presenza di una sinfonia che non ha il compito di attaccarci, ma di guidarci in questo nero labirinto in cui non siamo in grado di orientarci da soli. Sarà dunque l'uso combinato delle tastiere e del sax della strumentale "Zero" a prenderci per mano e a stupirci con i suoi imprevedibili cambi di tempo e di tono, arrivando a rischiarare la tetra atmosfera di cui l'album è intriso.

Da adesso in poi le tracce non dureranno meno di 12 minuti e questa "Pictures" ne sfiora 17, perciò sarebbe alquanto difficile descriverle a meno di non scadere in un'asettica cronaca minuto per minuto. Vi basti sapere che la voce di Ben appare spesso come un richiamo proveniente dall'oblìo, un lamento riecheggiante negli antri più bui della dimensione nella quale questo disco ci ha catapultati, a volte così lirico e viscerale da ricordarci i disastri profetizzati da Mr.Hammill durante l'Assillo dei Guardiani del Faro. Il sax di René (suonato in modo molto meno aspro rispetto a quello di David Jackson, tanto per continuare il paragone con i VDGG), sempre presente con le sue arie affascinanti e maestose in quest'ultimo pezzo, lascia spazio alle tastiere nel seguente "Herold and King, Dloreh", introdotto difatti da un tenebroso solo di piano e sviluppato poi sui toni altrettanto cupi e profondi prodotti sempre dallo strumento di Peter, a tratti eclissato dai versi cantati al contrario che appaiono ogni tanto durante lo svolgimento della composizione (il titolo vi dà un suggerimento in proposito visto che Dloreh non è altro che Herold scritto a rovescio). L'album si chiude con "Here and Now" e vede il clarinetto e le tastiere tessere le loro fitte trame, supportate dal ritmo inspiegabile della batteria di Guge e dalla voce sofferente di Ben, atte a creare un'atmosfera talmente densa e carica di sensazioni da poter quasi essere toccata con mano.

Ma la vera sorpresa deve ancora arrivare. Sì perché la Laser's Edge, che ha il grande merito di aver riproposto questo lavoro ristampandolo su CD, ha inserito una bonus track a conclusione del disco... No! Non la solita traccia scartata, riempitiva e inutile... No... stiamo parlando di "Empty Bottles", una suite di 23 minuti in cui le nebbie oscure del disco effettivo tendono a diradarsi in favore di una jam session dal sapore jazz dove tutti gli strumenti contribuiscono alla costruzione di un'imponente torre sonora, in cima alla quale possiamo quasi riconoscere le splendide valli canterburyane estendersi in lontananza. Si parte dall'ispiratissima componente fiatistica del solito René e dalle tastiere stavolta gentili e melodiche di Peter, passando per la voce più distesa ma sempre evocativa di Ben, fino ad arrivare al reparto ritmico, dove, oltre all'improvvisazione di Guge, troviamo il misterioso basso di un musicista sconosciuto, del quale non si fa menzione nei crediti dell'opera. Dopo questa spero esauriente infarinatura su quello che io reputo un vero capolavoro ingiustamente relegato all'ombra imperitura dell'indifferenza dei più, vi lascio chiarendovi un punto fondamentale: solo (e sottolineo solo) la bonus track vale l'acquisto dell'album... Fate un po' voi.

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