Stoner rock. Ci vengono in mente deserti sabbiosi, visioni di paesaggi distorti dalla calura come le immagini del Gran Premio di formula uno in Brasile, calma piatta sotto il sole, rombi di motori.

Bene, cancellate tutto, e sostituite questi presagi con una distesa di ghiaccio, un panorama similmente lunare e desolato ma in esatta contrapposizione al clima californiano. Siamo in Islanda e i Brain Police rivisitano lo stoner (o ‘solid rock', come lo chiamano loro) infarcendolo di ingredienti tipicamente nordici, partendo dalla cover: lupi, pesci e donne con sembianze animalesche come nella mitologia pagana, all'interno del booklet l'arcobaleno che si fonde con le onde di un mare tempestoso tramutandosi in esso.

La band si forma a Reykjavik nel '98, il riferimento del nome è palesemente zappiano ("Who Are The Brain Police?") e "Beyond The Wasteland" è il loro quarto lavoro, uscito nel 2006.

Il disco è molto gradevole già dalla prima "Rooster Booster" che contrappone al morbido inizio un tempo veloce finale, passando per assolo rock ed accompagnamento di campanaccio. I riferimenti evidenti ai Fu Manchu con la cadenzata "Black Tulip" o ai maestri Kyuss si sentono, ma i Brain Police riescono nonostante ciò a non proporci una minestra riscaldata, ma delle canzoni dove le idee ci sono, dalle timide distorsioni vocali di Jens Olafsson ("Sweet Side Of Evil") alla psicadelia organistica in "Snake".

L'accordatura di chitarra e basso (Gunnlaugur Larusson/Hordur Stefansson) è tipicamente seventies ed offre un suono pieno e caldo, il drumming di Jon Bjorn Rikardsson vario e molto convincente, ad esempio nella rockeggiante "Mystic Lover", una delle migliori tracce dell'album.

Non ci sono canzoni da riempitivo o anonime, hanno tutte un qualcosa di differente dalle altre, "The Baron" costruita su un intreccio di riff, la lenta "Leo" caratterizzata dalla bella prova vocale di Jens, "Human Volume" con una partenza sabbatiana o la classica "Thunderbird". Stupenda infine la title-track.

Concludendo, secondo me proprio un buon disco, una band che riesce ad essere originale pur proponendo uno stoner classico. Anche se non ce li vedo a viaggiare in stile Fu Manchu con una decappottabile e col braccio a penzoloni fuori dal finestrino per le vallate islandesi a 26° sottozero....

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