Il Battiato degli anni '70 è raffinato sperimentatore, interprete curioso che attraverso il solo contenzioso della musica, con qualche sprazzo verbale più che verboso - come avverà invece a partire dagli anni '80 -, esprime quello che ai sempremosci melodici contemporanei non è dato sapere, suonare o cantare.

L'avevamo ben visto Battiato, sul retro-copertina di "Fetus" del 1971: visione dal basso in alto, basettone e viso oblungo nel perfetto stile del miglior Nosferatu dei poveri; questo smagrito personaggio è destinato a diventare grande, ma prima di farlo passerà nel Limbo della sperimentazione elettronica, con coraggio e senza alcuna pretesa commerciale. Dopo l'amniotico "Pollution" del '72, e l'ancor meno immediato "Sulle Corde Di Aries" di un anno dopo, ecco Franco ripresentarsi sulla desolata scena nel '74 con un lp che rimarrà tra i migliori della sua lunga e tuttora fervida attività musicale. "Clic", così si chiama, si presenta in copertina a quadrettoni con firma originale dell'autore, e in fondo dopo feti e arance imbullonate c'è da chiedersi se le cover non stiano effettivamente migliorando pur nella loro estetica asetticità.

E' un disco quasi unicamente strumentale, a riprova del fatto che il cantautore siciliano preferisce al momento esprimersi attraverso l'unico vero mezzo espressivo che i mortali nomano "musica", con sacrificata rinuncia all'espressione vocale e benestare dei puristi della squallida critica nazionale.
I Cancelli Della Memoria, su bell'esecuzione al sax, Il Mercato Degli Dei e Propiedad Prohibida, storica sigla del Tg2 Dossier, sono i pezzi più suggestivi, sospesi tra minimalismo, psichedelia e simulazioni elettroniche, mentre Ethika Fon Ethica e Rien Ne Va Plus: Andante sono esercizi stilistici - per non dire seghe mentali - attraverso cui Battiato gioca al tiro a bersaglio. Ricca di reminiscenze anche Nel Cantiere Di Un'Infanzia, ma se di capolavoro dobbiamo parlare è meglio rompere gli indugi e parlare dell'unico brano cantato dell'opera, quello che rimarrà la più importante dichiarazione di poetica dell'intera produzione battiatiana dal '72 ai giorni nostri, forse ancor più dell'arguta I'm That di 30 anni dopo: la ruvida e ipnotica No U Turn. Con questo pezzo Battiato, come non avverrà più in nessun altro disco, si mette completamente a nudo, rivelando torpori e deliqui che appartengono al passato di uomo più che di cantante, parlando dei "fantasmi di angosce" e "perdite d'io" che lo hanno afflitto, ammettendo di avere gettato i suoi "miti di carta" su "cieli di schizofrenia": accenna ad un passato per il quale non ci sarà più nessun "u turn", nessuna inversione di marcia, come nel linguaggio della segnaletica stradale; il viaggio si sta compiendo, e la via è ormai percorsa. Un pezzo tripartito, con enigmatico testo al contrario all'inizio, parte cantata in mezzo, orgasmo di cornamuse e voce sopranista in coda.
Non rimarrà certo nella storia della musica, ma se non altro, dedicato ai più schizzinosi, Franco Battiato ha parlato di qualcosa che non fosse un castello in aria.

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