Dal 1987 fino al 1996 un percorso artistico impeccabile ed immacolato, senza una singola caduta di stile e coronato da due apici straordinari come "Birds Of Passage" e "Magic Box", poi all'improvviso il giocattolo si rompe: che siano state pressioni della casa discografica, scelte sbagliate o una semplice mancanza di ispirazione rimane il fatto che "Rush" del 1998, il quinto album dei Bel Canto, si rivela un bruciante e pressochè completo fallimento. Debole, manieristico, noioso e privo di mordente, a tratti un'ombra molto sbiadita del fortunatissimo predecessore, più spesso in balia di un'elettronica nè carne nè pesce, ibrida e asettica; fatta eccezione per la stravagante "The Dinosaur-Slipper-Man" e qualche primo approccio synth-pop, "Images" in particolare, "Rush" è un album sbagliato in toto ed assolutamente trascurabile. Anneli è la prima a reagire a questa delusione, a due anni di distanza dal misfatto raccoglie i cocci e volta pagina proponendosi come solista in tutto il suo fascinoso splendore, dando così un senso a questa situazione di improviso blackout.
Dunque, come risollevarsi dalle macerie di un album stanco e mediocre? Ovvio, cercando nuovamente slancio e vitalità; Anneli ci riesce sperimentando, collaudando, cimentandosi in vari stili e generi, e il risultato finale è un autentico laboratorio di suoni, eclettico, vivace, un po' eccentrico e molto ambizioso, ricco di nuovi spunti ed idee che verranno parzialmente riprese in "Dorothy's Victory", canto del cigno dei BC e successivamente, in una forma più codificata e "mainstream", nel suo secondo album, "Frolic". "Tundra" si apre con "All I Know", un midtempo synth-jazzy sontuosamente orchestrato dal sound elegante, pieno, assai piacevole ed ispirato, che sembra ripercorrere le difficoltà del periodo appena trascorso, "Walking here all by myself, wondering what went wrong, that I couldn't know or didn't see, all those dreams now fulfilled, why did they stop to glow?", una riflessione in cui Anneli sembra "accusare" il compagno d'avventura Nils Johansen ma al tempo stesso riconosce la propria parte di responsabilità; comunque la si voglia leggere, è chiaro che ciò che è stato è stato, lei non porta rancore ed è ormai passata oltre. Una nuova pagina che Anneli riempie di schizzi jazz come la felpata e sorniona "Fire Alarm", nonchalance elettro-lounge ed un cantato dalle molteplici sfumature, sensuale e burroso ma al tempo stesso confidenziale e sbarazzino quanto basta e "Still Waters", improvvisazione per piano e voce di scuola mitchelliana che si concede un gran finale esotico, vivace ed orchestrato in perfetto stile Bel Canto fino ad arrivare alla stravagante e deliziosa "Trinitron", metà parlata e metà cantata, o per meglio dire gorgheggiata, che con un'abbondante dose di surrealismo ironizza sulla teledipendenza ed altre stravaganze del lifestyle moderno, condendo il tutto con una melodia eccentrica e piacevolmente lobotomizzante, più che mai azzeccata dato l'argomento trattato.
Nel variopinto mosaico sonoro di "Tundra" trova spazio anche quel synth-pop già blandamente esplorato in "Rush", qui ripreso con esiti assai più convincenti nel brillante upbeat di "Sexy Love" e nella pregevole semi-ballad "It's All Here", singoli di ottima fattura (e potenziale da hit-parade) e dimostrazioni di una perfetta confidenza con uno stile compositivo più strettamente pop, che con il crossover techno-etnico cantato in lappone di "Tundra (Mànaiga)" si esprime in una dimensione da dancefloor non convenzionale, più visionaria e "belcantiana" sui generis. Non mancano momenti che richiamano più da vicino il lavoro con la "casa madre", con "Woebegone" e "Song Of The Sky Loom", rivisitazione di una poesia nativo-americana, si ritorna addirittura alle atmosfere spettrali di "White-Out Conditions", cantato potente e sciamanico incluso. "Who On Earth", piano elettrico e spumeggianti bizzarrie orchestrali, richiama un'immaginario più fiabesco e colorato e "Rainstorm", raffinata ballad caratterizzata da un finale molto intenso e cinematografico sono esempi di un sound folk-orchestrale immediato ed emotivo che band come gli Of Monsters And Men tentano di riprodurre, il più delle volte senza neanche avvicinarsi a questi livelli.
"Tundra" rappresenta la grande rivincita di Anneli Dreacker, una rivincita totale dato che la ragazza di Tromso è accreditata come unica autrice di tutte le canzoni, avvalorando così l'ipotesi di un Nils Johansen maggior "indiziato" per il flop di "Rush": in ogni caso qui ritroviamo un'artista in piena salute, che procede per tentativi ma riesce a combinare nel modo migliore tutti gli elementi, dando vita ad un album molto eterogeneo ma filante e piacevole, che scorre con grande naturalezza. La carta vincente di "Tundra" sta sicuramente in una nuova e convincente sensibilità pop, e Anneli la padroneggia con sicurezza e grande personalità, cercando strade alternative e personali come nella titletrack o in "Trinitron". Aggiungeteci una vocalità duttile e carismatica come sempre ed il prodotto finale non può che essere ottimo, ed è veramente un peccato che Anneli non abbia continuato questo percorso solista dopo aver dimostrato in maniera inequivocabile, sia con "Tundra" che con il successivo "Frolic", la capacità di costruirsi una seconda vita artistica solo con le sue forze; che dire, speriamo che ci ripensi e ritorni a mettersi in gioco.
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