Sebbene conoscessi la sua musica da tempo, in questi ultimi tempi ho sviluppato una passione particolare per la musica di Elliott Smith. Tutto è nato da un acquisto fatto su internet, in fondo abbastanza casualmente, ma sopratutto dall'ascolto/visione di un suo concerto su youtube, ed in particolare quello all'Henry Fonda Theater del 2003. Elliott Smith, per coloro che non lo conoscessero, è un cantatutore americano, nato nel 1969 e morto (apparentemente) suicida nel 2003, il quale appartiene alla stirpe (immensa ed inflazionata) dei cantautori tristi con chitarra (per intenderci, alla Nick Drake). La sua forza ed il suo limite sono dati dalla sensibilità e sincerità estrema della sua musica. Dalle sue canzoni e dal modo in cui le interpretava. In maniera a volte troppo dimessa, uniforme e quindi noiosa, per chi non lo apprezza abbastanza, in maniera meravigliosamente sincera ed emozionale per chi lo ama. L'ascolto della sua "I better be quiet now" eseguita durante uno dei suoi ultimi concerti, appunto quello dell' Henry Fonda Theater che potete trovare qui (http://www.youtube.com/watch?v=R57A8naur18), mi ha spostato di peso dalla prima categoria alla seconda. Elliott Smith aveva seri problemi di droga ma, per citare quello che si disse di Dylan Thomas quando morì, ovvero che non era un ubriaco incallito che sapeva scrivere delle belle poesie ma un grande poeta con il vizio dell'alcool, non era un drug-addict depresso che casualmente sapeva scrivere grandi canzoni ma un grandissimo cantautore schiavo dell'eroina.e della depressione. L'incapacità di portare a termine il brano precedente, e di sostiturlo con un dialogo balbuziente con il pubblico, cercando di dribblare gli effetti delle sostanze che aveva in corpo e che gli toglievano il fiato, prima di iniziare una delle più belle versioni che si trovano in rete di quella che è per me (almeno in questi giorni) la più bella canzone di Smith (qualcuno potrà dire una semplice ballata in tre quarti dal sapore chopeniano come tante di Smith) lo dimostra. Il suono della chitarra posata pesantemente e violentemente per terra alla fine del brano è una metafora della sua morte tragica che penso non serva commentare. Come non penso serva commentare quello che può rappresentare il Paradise Lost per tanti innamorati dopo che una storia è finita e che lui è riuscito a mettere in versi e musica con soavità rara (potete trovare il tutto a 1:05:40 del concerto su youtube): If I didn't know the difference living alone'd probably be ok It wouldn't be lonely I got a long way to go I'm getting further away

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