Nel 1995 Ivano Fossati, dopo diversi periodi di “eremitaggio” compositivo, finisce di scrivere con Fabrizio De Andrè “Anime salve”, uno dei capolavori assoluti della canzone d’autore italiana.

Se da un lato il periodo compositivo dei due autori era stato estremamente fruttifero, la collaborazione fra i due si interrompe in seguito a divergenze sulla produzione e l’arrangiamento dell’album. “Eravamo come due grossi asinoni che tirano in direzioni opposte” dichiarerà in seguito Fossati. Alla fine sarà proprio Fossati a cedere la titolarità dell’album a De Andrè, il quale affiderà la produzione a Piero Milesi.

Frustrato da quella rinuncia Fossati si rimette immediatamente a lavoro componendo “Macramé” . Nonostante la profusione di energie per la composizione di “Anime salve”, in questo album non c’ è traccia di stanchezza, e l’ autore propone brani di grande ricercatezza e gusto, riuscendo anche a rinnovare le sonorità dei precedenti album.

L’ascolto inizia con le percussioni inquiete de “La vita segreta”, canzone severa e diretta che manifesta (come in fondo tutto l’ album) una voglia di rinnovamento e una tensione intellettuale ed emotiva molto forte. La tensione si stempera un po’ con “Il canto dei mestieri”, canzone minimalista in cui Fossati, spogliandosi da qualsiasi ruolo, si dichiara alla propria amata. “L’ amante”, “L’angelo e la pazienza” e “L’orologio americanomostrano invece tutta la sete di amore sensuale che può assalire un uomo, mostrando bozzetti di vita resi vivi da suoni scarni ma suggestivi, con sequenze ritmiche molto elaborate (in alcuni casi siamo in presenza di una raffinatissima sessione ritmica formata da Walter Kaiser, Trilok Gurtu, Naco, Claudio Fossati e Beppe Quirici, che unendo il loro istinto ritmico arrivano ad esiti talvolta sorprendenti).

L’album vede anche la partecipazione del grande bassista Tony Levin (vi dicono qualcosa, ad esempio i “King Crimson” o i “Liquid tension” ?) che qui stempera la propria “vena progressive” mostrando una grande versatilità musicale e componendo, insieme a Fossati, “Stella benigna” e “L’abito della sposa”. La prima è una canzone incalzante e cruda con un “ritornello” molto evocativo. La seconda è una canzone dal forte pathos drammatico, in cui la presenza di un narratore e dei due protagonisti del brano sembra spingerci all’ interno di una dimensione teatrale in cui si rispecchia uno dei mille drammi offerti dalla guerra. Ritroviamo una tensione emotiva simile in “Bella speranza (ti scrivo da una guerra)”, in cui è ancora una volta palpabile l’orrore per la guerra, reso forse più acuto per il fatto che allora accanto al nostro paese si svolgeva un terribile conflitto nella ex Jugoslavia. L’ album si conclude con “La scala dei santi” e “Speakering”. La prima è una dolce e intima canzone d’ amore dove è impossibile trovare un granello di banalità. “Speakering” invece è una malinconica strumentale per pianoforte attraversata da inserti sonori recuperati dalle radio e dalle televisioni di tutto il mondo.

L’album sfuma su queste note e ti trascina verso voglie e malinconie dolcissime…

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