Che i quattro (ex) peperoncini siano una delle band più controverse del globo, penso che sia un fatto risaputo. Quindi, a distanza di ben cinque anni dall'ultimo deludente "Stadium Arcadium", cosa potrebbe mai comunicarci una band di quasi cinquantenni che ha fatto sellout da dieci anni a questa parte? Beh, magari volevano far vedere quanto era bravo il nuovo chitarrista Josh Klinghoffer, che in quest'album suona ricalcando le orme dell'eterno ex John Frusciante; oppure volevano far vedere che il buon vecchio Flea, oltre a saper suonare il basso (anche se qui non usa gli amati slap, e le sue linee di basso sono più normali e meno scatenate) in tutto questo tempo si è dilettato con il pianoforte; dietro le pelli il caro Chad Smith dimostra che ci sa ancora fare, come ai vecchi tempi di "Blood Sugar Sex Magik"; oppure Anthony Kiedis ci vuole allietare i nostri pomeriggi con la sua voce che è più un mistero di Fatima, visto che in questi ultimi lavori bela, ulula ed è una lagna assurda, niente al confronto di quando aveva vent'anni meno e venti chili di eroina in più in giro per il corpo.
Orbene, signore e signori, prendiamo il disco per quel che è: una lagna. Poco importa se la copertina è stata disegnata dal celebre artista Damien Hirst, poco importa se i quattro hanno presentato l'album nei cinema di mezzo mondo, il verdetto è unanime: i peperoncini ora sono cetrioli sottaceto. Magari le uniche note positive possono essere la garanzia ritmica offerta dalla ditta Chad & Flea, o la prova del nove del nuovo chitarrista (prova comunque superata con successo).
C'è poco da dire sul disco: parte e dopo due canzoni già speri che finisca. Già, perché le canzoni sono tutte uguali, tutte di quel genere pop-rock che la band ha abbracciato da molti, troppi anni; e qualcuno deve spiegare a Kiedis che non è in grado di cantare ballate e pezzi lenti. Non c'è un minimo di originalità nelle canzoni, sono tutte con la stessa struttura, quindi non faticherò per citarvi questa o quella, ma ve ne nominerò solo una: avete presente il singolo "The Adventures of Rain Dance Maggie"? Ecco, l'intero album è sulla stessa falsariga.
Ahinoi, io con i Red Hot ho un legame particolare, perché "Californication" fu il mio primo album originale acquistato quando nel 1999 avevo solo 7 anni, e dopo 12 anni mi vedo costretto a salutare per sempre i Red Hot che furono.
Au revoir...
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Altre recensioni
Di Ronky23
I Red Hot ormai altro non sono che un gruppo pop, e credo che in fondo sia anche giusto così.
Klinghoffer non sfigura affatto, e pur essendo molto simile al suo predecessore, ha un’impronta personale.
Di antonio982
"Josh si fa sentire e dimostra di non essere un clone di Frusciante."
"Voto finale all'album è 6.5, cose buone e altre meno, di sicuro non rimarrà nella storia come BSSM, OHM o CALI."
Di Workhorse
"I Red Hot Chili Peppers continuano ad offrirci ciò che ci offrono da quindici anni senza sostanziali variazioni di qualità."
"Non bello ma piacevole, non brutto ma evitabile."
Di rdegioann452
"Finalmente l'attesa è finita, ... possiamo godercelo per intero già una ventina di volte."
"Una pietra miliare che non può mancare nella raccolta di un vero fan."