Gary Davis cominciò a perdere la vista sin dalle prime settimane di vita, prestissimo iniziò ad interessarsi di musica e già verso i 7 anni si costruì la sua prima chitarra da una padella di casa e in più imparò banjo e armonica. Agli inizi degli anni '30 si convertì al cristianesimo e fu nominato ministro battista. Fu principalmente un musicista e predicatore di strada e durante la sua vita non registrò moltissimo, le sue prime incisioni risalgono al 1935 già sotto il nome di Reverend "Blind" Gary Davis e sono registrazioni rilevanti per la storia dell'east coast blues, la sua musica è di impronta ragtime, country e gospel blues, con chiari riferimenti evangelici.
Con questo "Say No To The Devil" ci troviamo però nel 1961, il disco è inciso dalla casa discografica Bluesville/Prestige, Davis suona la chitarrista acustica (in 2 brani è alla 12 corde) ed ha un altissimo livello tecnico e grazie al sapiente uso del fingerpicking riesce a lavorare su più registri contemporaneamente creando così uno stile polifonico unico e di potente incisività e probabilmente rimane il più grande virtuoso di tutti i chitarristi blues.
Se la sua chitarra è prorompente la sua vocalità la si può definire autoritaria tanto da rasentare l'arroganza, ma allo stesso tempo ha una spiccata musicalità ed è ricchissima di sfumature. Già con l'eccellente "Time Is Drawing Near" (alla 12 corde) molte delle peculiarità che ho sopra descritto vengono alla luce.
Un altro pezzo che adoro è "I Decided To Go Down", qui alla 6 corde prevalentemente pizzicate e arpeggiate con leggerezza e, come per contrasto, si contrappone invece la sua vocalità dirompente, creando così un'atmosfera di intensità emotiva ad altissima gradazione.
Bellissimo brano è anche "Little Bitty Baby", tra l'altro verso gli ultimi 2 minuti finali, è incredibile l'incastro ritmico e armonico tra la chitarra e la voce che Davis mette sul piatto ed è da brividi con quale maestria poetica lo risolve, a mio parere sarebbe più che sufficiente questo per capire a quale qualità tecnica, musicale ed espressiva si pone il reverendo.
In due brani lo troviamo all'armonica e non sono da sottovalutare le sue grandi doti anche su questo strumento, di cui ne fa un uso davvero personale anche se legato alla tradizione, come si può ascoltare nella splendida e sospirante "Hold To God's Unchanging Hand" o nell'uso trattenuto e quasi intimo nella gospeliana "No One Can Do Me Like Jesus" che viene interrotta solo dal perentorio cantato in alcuni e brevi momenti.
Chiudo ricordando il pezzo "Lost Boy In The Wilderness" in cui Davis è ancora alla 12 corde, un brano praticamente strumentale se non fosse per alcuni punti in cui inserisce un laconico parlato, e basterebbe solo questa canzone a ergere il disco a capolavoro, ma c'è ancora molto altro che lascio all'eventuale ascoltatore scoprire.

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