Ne ha di strada da fare, Richard. Ha quattro anni e brucia casa. Niente male come inizio di una vita che sarà piena di incertezza, di paura, dolore, conseguente speranza.
Richard Wright è un ragazzino nero tutto intento a sopravvivere nella giungla bianca della società del Sud degli Stati Uniti. Dick è tutto intento a barcamenarsi, a sopravvivere, e gli capita incidentalmente anche di crescere. Autobiografia, romanzo picaresco, romanzo di formazione: tutto ciò messo insieme, anche se la formazione di Richard non è al centro dell'attenzione, più importante della crescita morale e spirituale è lo sviluppo della capacità di adattamento, perchè pagina dopo pagina anno dopo anno, l'argomento che prenderà sempre più piede nel libro e nella vita dell'autore è quello del razzismo nella declinazione legale, e perciò ancora più odiosa, del segregazionismo.
Ciò che emerge è il risvolto psicologico della segregazione, l'accettazione da parte dei neri della loro presunta inferiorità. E, molto raramente, la ribellione. Una ribellione per lo più mentale, psicologica appunto, come psicologica oltre che fisica è la violenza perpetrata dai bianchi. Con stile quasi elementare l'autore ci mette a parte della prima fase della sua vita, prima di emigrare nella Terra Promessa, la terra delle vere opportunità e dell'uguaglianza: il Nord, Chicago, Illinois. Che poi non sia così, non importa, perchè nella mente di un ragazzo negro di vicino Natchez, Mississippi, il Nord è più di un luogo fisico, è una condizione mentale, un'idealizzata frontiera della speranza. Ed in effetti i pochi bianchi che si pongono in maniera positiva nei confronti di Richard sono tutti yankees, uomini del Nord, acuendo nel ragazzo l'idea di questa terra delle possibilità, dove potersi leccare in pace le ferite e ricominciare.
"Ragazzo Negro" è un libro semplicissimo, è l'autobiografia di Richard Wright, l'autobiografia di un afroamericano come tanti, di una vita comune. Non c'è necessariamente bisogno di grandi parole, quando si hanno grandi argomenti.
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