"Ringo The 4th", ovvero l'inizio della fine commerciale di Ringo Starr come solista. Dal 1977 in poi i suoi album avranno dei successi commerciali minimali, scomparirà dalle classifiche sia americane e europee per entrare nel circuito degli affezionati e dei patiti beatlesiani.
Le cose erano andate già un po' maluccio con il precedente lp, "Ringo's Rotogravure", ma questo disco è diverso perché il buon drummer è coautore di tutti i brani originali insieme a Vini Poncia. Non ci sono più i contributi degli ex compagni e questo incide in modo decisivo sull'appetibilità del prodotto. Quando si ascolta un disco di Ringo Starr però si rimane lo stesso sorpresi, si pensa subito a come abbia potuto mettere insieme il suo ennesimo album in condizioni disastrose. Infatti nel '77 Starr passa gran parte del suo tempo tra feste a L.A. in cui abusa di superalcolici in modo preoccupante. Le sessions dei suoi dischi sono enormi feste continue in cui si suona, si incide, si mangia e si beve e il risultato paradossalmente è che spesso i suoi lp, come anche nel caso di questo "Ringo The 4th", sono suonati e prodotti molto bene, incredibile. Comunque il disco è appena passabile, Ringo vira verso i suoni della disco music e R'n'B con esiti decisamente poco convincenti. Un altro stile in cui la voce è tutto, non bastano le cariche degli ottoni squillanti, i bassi che emettono fluide basse frequenze, ci vuole il carisma e la potenza vocale. Ecco perchè il disco fallisce miseramente nonostante brani di buona potenzialità come "Out On The Streets" e "Tango All Night" che sono discreti esempi di come anche Ringo Starr se vuole può scrivere qualcosa di buono.
Collaborazioni illustri con Tony Levin e Steve Gadd rendono ottima la base musicale, per il resto lavoro che fugge via senza troppi sussulti e la cover è una delle cose più orribili che siano mai state fatte in questo campo.
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