Ci sono dei momenti in cui restiamo soli con noi stessi e dobbiamo fare delle scelte e purtroppo accade sempre questo paradosso: quando abbiamo bisogno degli altri restiamo soli e quando non vogliamo nessuno attorno ci sono sempre delle inutili attenzioni. Nel secondo caso è decisamente una fregatura quello che accade, nel primo forse è meglio così.

In un primo momento si sente la necessità di raccontare qualcosa ad altri e ricevere del conforto, con il tempo che passa restano i tuoi pensieri che vengono fuori con spontaneità e senza la forzatura d'agenti esterni e allora si rivaluta la riflessione in solitudine. Dopo "Resta Vile Maschio, Dove Vai?" Rino Gaetano si trova in un punto cruciale della sua carriera, anche lui deve scegliere cosa fare nella sua carriera dopo alti e bassi. I "beneinformati" del periodo lo presentano come uno disposto ad accettare la carriera e il successo e ben disposto a sacrificare parte della sua identità. Ascoltando questo disco, uscito l'anno dopo, non mi sembra così.

Il Cantautore crotonese dimostra di essere quasi inquieto e chiuso in sé, i paragoni con "Ingresso Libero" sono molto forti. Un disco che nelle sonorità è spaccato: mentre nel 1974 è a metà tra certe innovazioni degli anni successivi e al Sound del Folkstudio, in questo caso a metà tra gli elementi del precedente lavoro e qualche ripresa del passato (soprattutto da "Aida" e "Nuntereggaepiù"). I testi presentano due sguardi: uno molto largo sulla società, l'altro rivolto a singoli personaggi isolati e staccati dal resto della società (tra questi ci ritroviamo lo stesso Rino Gaetano). Una situazione simile ad "Ingresso Libero", dove l'attenzione totalizzante ("Ad Esempio a Me Piace il Sud", "AD 4000 A.C.") si alterna con singoli protagonisti malinconici e particolari (la vecchia e Agapito Malteni). In un disco dove alcuni, postumi, gridano al "venduto" e all'artista che ha venduto all'anima al diavolo (quasi benedicendo la morte) mentre altri ancora gridano al complotto restano lampi di genialità unici nella carriera di Rino, ricchi di rabbia ed intensità. L'esempio massimo si trova in "Ti Ti Ti Ti" e in questa frase: "e quando la tua mente prende il volo ti accorgi che sei rimasto solo. A te che ascolti il mio disco forse sorridendo giuro che la stessa rabbia sto vivendo". Personalmente in quei momenti in cui resto solo mi capita sovente di mettere questo disco e fissarmi questa frase dentro la testa, sono sempre io che ragiono. Non ho tutori o consiglieri come li hanno i politici nelle situazioni di crisi, eppure nonostante tutto mi sento bene perché i miei stati d'animo appartengono ad altri ed essi li condividono assieme a me.

La musica è fatta di sensazioni e situazioni, ci fanno ricordare dei momenti o viverne altri. Alla fine queste cose restano e valgono più di ogni altra idea, anche in un momento dove mi ritrovo ad passare una certa fase con l'ufficialità dei miei 20 anni.

P.S. Come dedica finale lascio questa versione "televisiva" di "Ti Ti Ti Ti" cantata da Claudio Santamaria nella fiction su Rino, nonostante tutto questo è un bell'omaggio.

Carico i commenti... con calma