Ah, per me non ci sono dubbi, dice, alzando pure un po’ troppo la voce. “Full Metal Jacket“, cazzo! Tre punti esclamativi ed eccole arrivare una sequela di battute del film recitate a memoria; cerchiamo l’interruttore per spegnerlo, ma quello continua imperterrito e così non ci resta che tirargli le nostre lattine di birra, alcune mezze piene, sul muso. Torna a sedersi con un paio di bernoccoli in testa e così il discorso può riprendere. Sì, grandissimo film quello, ma “Platoon” è ancora meglio! La diatriba continua con tutti i soliti titoli: “Apocalypse Now” e la cavalcata delle valchirie, “La Grande Guerra” e quella scena finale da chapeau, la roulette russa de “Il Cacciatore“, la filosofia de “La Sottile Linea Rossa“, le budella e il suono delle mitragliatrici sulla spiaggia di “Salvate Il Soldato Ryan“, il potere della propaganda di “Flags Of Our Fathers“, l’eroismo nipponico di “Tora! Tora! Tora!”, l‘atrocità del nazional socialismo in “Schindler‘s List“, il graffiante cartone animato sul conflitto in Libano di “Valzer con Bashir”.

“Rambo“.

Un esercito di occhi incenerisce quest‘ultima voce: Ramboooooo???? Ci prova pure a convincere gli altri districandosi goffamente tra una selva di insulti e risate. Quando la calma ritorna qualcuno mi chiede, “il tuo preferito qual’ è?”. Ormai mezzo alticcio e per l’altra metà completamente sbronzo mi punto un dito, l’indice, sul petto e sbiascico qualcosa del tipo, “il mio?”.

M.A.S.H. Sì, lo so che non lo si può definire come un film di guerra convenzionale. Basti pensare che quella che ritengo possa essere considerata la scena madre vede un’oliva fare un tuffo carpiato dal pollice e l’indice di uno splendido Elliot Gould per poi finire sul fondo di un Martini che, date le circostanze, non è nemmeno una completa schifezza. L’ho rivisto pochi giorni fa ed è un lavoro che oggettivamente ha preso i suoi anni, come i chili di un ex atleta ripreso dalla televisione a qualche lustro di distanza dal ritiro, ma che conserva ancora quella bastardaggine di fondo, quella satira feroce che lo ha reso celebre e che me lo ha fatto apprezzare fino quasi alla venerazione. Profuma di alcool, marijuana, sesso, fottuto rock’n’roll, libertina cultura hippy e vaffanculo i bigotti, vaffanculo le regole militariste e chiunque cerchi di imporle. La fine e l’inizio degli anni ’60/’70 in un campo medico militare per far scontrare due modi opposti di vedere ed intendere il modo di vivere. La storia è particolarmente complessa: 3 dottori figli di puttana e cinici come pochi, segano ossa, salvano vite e cercano di fare la bella vita forse per tentare di dimenticare quanto sono costretti a vedere ogni giorno. Fine.

E' un film d’accusa e coraggioso di enorme portata (girato durante il conflitto in Vietnam) il cui messaggio viene in parte ridimensionato dalla sequenza serrata di gag esilaranti che lo compone. Uno ripensa a questo lavoro e torna in mente il delirio irriverente e quasi blasfemo che lo caratterizza, ma Altman riesce nell’impresa di ridicolizzare senza limiti l’ottusità militarista e farci contestualmente sentire in bocca il sapore dolciastro del sangue. E’ infatti una satira ispirata ed intelligente interpretata da un cast della consistenza della parete nord del Cervino (Sutherland, Duvall, Gould e Kellermann) nella quale i buoni, i figli di puttana, riusciranno infine in qualche modo, non del tutto convenzionale, ad avere ragione sui cattivi, i pallosissimi conformisti.

"M.A.S.H." è un lavoro schizofrenico, ardito, contradditorio e per certi versi unico. Lo dimostra il fatto che sebbene sia ambientato in Corea può tranquillamente essere definito come il primo film di guerra a stelle e strisce (1970) sul conflitto in Vietnam.

N.B. Il film ha dato vita ad un’ottima serie tv, ha vinto qualche statuetta dorata che non interessa a nessun ed è diventato un film cult. Tutte stronzate ridicole se paragonate al fatto che da codesto lungometraggio il nostro esimio de-utente Carlo Cimmino ha preso spunto per trovare il suo fikissimo avatar.

Come dargli torto e non consigliarvelo?

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