Robert Eggers è al suo quarto film scritto e diretto. Quest'uomo si immerge da una decina d'anni nel folklore più oscuro, e ci sta perfettamente che gli sia venuto in mente il romanzo di Bram Stoker da riadattare.
A circa metà film penso di aver compreso le intenzioni del regista, e nonostante s'intuisca facilmente dove si andrà a parare, non c'è nulla di banale e scontato ad attendere.
Il Conte Orlok non è soltanto il mostro, ed è qui che si fa interessante; il non morto ed Hellen si scambiano delle battute rivelatorie. Lui è appetito, incapace di amare ma dipendente dalla ragazza; lei si identifica nel sentimento della vergogna. Lui le appare sin dall'infanzia, ed Eggers lo metaforizza in sentimento da tenere nascosto e reprimere.
Plauso al personaggio interpretato da Dafoe, ovvero il Dott. Von Franz, l'unico che comprende Hellen. Egli ordina subito di slegarla, di interromperle la "terapia" a base di etere. Il Dottore sa che Hellen non va curata, ed è consapevole di come la maledizione verrà spezzata ancor prima del povero di lei sposo Thomas.
Siamo introdotti al tema della possessione demoniaca e alla stregoneria sin dalle prime scene, dato che l'oscuro si manifesta più in sogno che in forma fisica. Hellen viene tacciata di isteria e le viene imposto l'inutile corsetto.
La fedeltà rispetto all'opera letteraria è immacolata, vicina più al Nosferatu di Herzog che a quello di Murnau (una scena in particolare, vedrete) ma ricca di accorgimenti azzeccati. Importantissima la fase dell'amplesso finale e della morte di entrambi i protagonisti. Lei sembra addirittura cullarlo durante gli ultimi istanti (la fusione delle carni annunciata).
Il grande cinema è fatto anche di gesti e accenni all'apparenza poco significativi. I movimenti di macchina, la fotografia e i primi piani sugli occhi del maligno sono maestria.
Skarsgård scompare completamente nel ruolo in maniera positiva, nonostante si tratti di un attore che non ami particolarmente.
Tra le critiche che leggerete online figureranno quelle sui toni solenni, soprattutto quelli di Lily-Rose Depp, che personalmente reputo ben contestualizzati.
Purtroppo, la peste che colpisce Wisborg sullo schermo sembra aver colpito il ragazzo seduto in sala alle mie spalle che tossisce come se non ci fosse un domani.
Sono ben lieto che la mia titubanza sul remake sia stata annientata. Ad oggi vantiamo quindi una sfilza di creature cinematografiche figlie di quell'opera, una più bella e diversa dell'altra: il dandy, l'innamorato, il sofferente e il represso.
La repressione sembra il tema portante, e ad alcuni potrà sembrare che il messaggio della pellicola sia in qualche modo svilente nei confronti dei sacrosanti impulsi femminili, ma sono convinto che si tratti dell'esatto contrario. Lei salva tutti gli altri, lei non necessita di un salvatore, e lo dice fermamente.
Grazie a Robert Eggers per aver reso sudicia al punto giusto questa nuova e - mi auguro prossimamente osannata- rivisitazione.
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