Nel 2003 un giovane Robert Glasper (23 anni!) debutta con "Mood". Un notevole sforzo da leader in un trio-formazione standard: piano-contrabbasso-batteria. Nel 2005 segue "Canvas". A fianco di Damion Reid ai tamburi che condivide con lui età verdissima, gusti, preparazione tecnica attuale ed originale, filosofia musicale ed approccio "kamikaze" alla musica. Da giovane musicista americano della sua età, perfettamente organico alla scena hip hop newyorkese e turnista richiesto per cose sia similari che più jazzistiche, quando si tratta di incidere a suo nome sceglie però l'idioma che più gli appartiene e che sente suo: quello jazzistico, appunto.
In alcuni brani di "Canvas" troviamo ospiti Bilal alle voci… "eteree", Mike Moreno alla chitarra, John Ellis e Marcus Strickland ai sax. In "Mood" invece oltre a qualche sprazzo di Bilal, vocalista seguace delle sperimentazioni McFerriniane, compare in due pezzi Mark Turner al sax. In massima parte comunque si ascolta il trio in una serie di situazioni pericolosamente e fortunatamente vicine alle esibizioni live. La varietà di climi e la personalità già ben delineata del ragazzo fanno già decisamente prevedere un futuro da star del jazz set internazionale.

Nove brani (Mood) e dieci (Canvas) uno più bello ed originale dell'altro, soprattutto per ciò che concerne la maniera interpretativa (mood) che sfiora spesso la decostruzione delle frasi per poter quindi affrescare sulla tela (canvas) in assoluta libertà; senza però mai arrivare a tagliare di netto con la melodia principale. In questo la musica è facilitata dallo sforzo enorme richiesto ai due grossi specialisti del contrabbasso: Bob Hurst nel primo e Vincent Archer  nel secondo che da buoni pazienti novelli Ercole si incaricano di tenere le fila del discorso sempre e comunque.
Nel primo disco, sei pezzi su nove sono di Glasper e nel secondo nove su dieci. Notevole la vena creativa. In entrambi i dischi c'è un sentito omaggio interpretativo a Herbie Hancock, con due pezzi del maestro: "Maiden Voyage" e "Riot", rispettivamente. Nelle note Robert spiega chiaramente del rapporto speciale che vige tra lui e Damion: entrambi sviluppano figurazioni che stanno sì sul tempo, ma in maniera differente e grazie ad un attento ascolto collettivo queste sfasature in qualche maniera coincidenti cambiano di continuo il clima e l'umore dei pezzi, che vengono eseguiti spesso a grappoli di tre o quattro, senza soluzione di continuità.

La padronanza e la scioltezza di questo ragazzo gli vengono dall'aver suonato, pur giovanissimo, spesso in situazioni… disastrose ovunque e soprattutto nel club "sotto casa"; con molta gente: a volte di ottima levatura ed altre volte assolutamente terribile, così da doversi sforzare a "risolvere" e portare a casa risultato. Tempi mozzafiato e frasi di grande respiro melodico ed introspettivo si accavallano e si alternano con grande gusto e risultato. Glasper è il prototipo del nuovo pianista contemporaneo quale perfetto transgender musicale. Non puoi neanche dire che faccia jazz: anche egli, come Matt Munisteri, fa "il jazz che piace alla gente".

Se potete, comperateveli subito. Tutti e due.

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