Ritengo l'essere umano, l'uomo inteso come specie, dotato di potenzialità infinite. Questo significa che ovviamente nel tempo non esistono obiettivi che questi non possa raggiungere, in termini di sviluppo scientifico, economico, culturale, fino a collimare, perché no, in una successiva fase evolutiva e nella quale siano per questo riscontrabili quelli che si riterrà essere dei notevoli 'upgrade'. Fermo restando che la nostra specie è chiaramente in continua evoluzione e questo è evidente anche considerando dati statistici nel breve, quali la maggiore longevità. Persino l'altezza degli uomini di oggi è maggiore di quella dei nostri antenati. Cento anni fa.

Ritengo altresì vero e dimostrabile che l'uomo, il singolo individuo, sia già in stesso, ora e qui, in possesso di infinite 'qualità ', intese proprio quali caratteristiche oppure abilità in generale, sebbene, chi per una ragione e chi per un'altra, chiaramente ciascuno di noi sia votato a adoperare e mostrare solo una parte per questa o dimostri una preferenza e/o attitudine particolato nei confronti di determinate specialità e senza considerare quello che può essere l'indirizzo che viene dato a ogni soggetto sin da bambini, oltre che tutti i possibili condizionamenti cui siamo sottoposti dalla nascita e/o comunque variabili a seconda delle situazioni.

Che cos'è allora quella che chiamiamo 'personalità'. Quella definizione con la quale assommiamo e allo stesso tempo vogliamo fare un riassunto della persona che ci troviamo davanti. Una descrizione che non richiede di essere per forza dettagliata. Possono bastare anche poche parole a descrivere una personalità. Per esempio potremmo dire che una persona un aspetto ordinario, che non sia dunque attraente né fisicamente, né mentalmente, né spiritualmente e che al contempo svolga una vita regolare in una maniera quasi ossessivo-compulsiva, e che abbia come una specie di compensazione, quella che si può definire una intelligenza superiore alla media.

Una descrizione che del resto in questo caso non ha voluto essere casuale, ma coincidere con quella di Alistair Crompton, il protagonista di questa sci-fiction novel di Robert Sheckley ('The Alchemical Marriage of Alistair Crompton', 1978), che, particolare non secondario, in aggiunta a queste caratteristiche che potremmo definire ordinarie, troppo ordinarie da costituire nella sommatoria quella che è a quanto pare una personalità incompleta (e presto vedremo perché), possiede invero quello che potremmo definire un olfatto fuori dal comune. Una dote che gli permette di occupare un posto di rilievo nella Psicoprofumi, capitanata dal leggendario John Blount, e società leader in tutta la galassia per quello che riguarda la fabbricazione di profumi che in virtù di sostanze odorose extraterrestri abbiano la capacità di suscitare sogni e visioni.

La vita del trentacinquenne Alistair Crompton, che si sarebbe pure potuto definire come un uomo di successo sul piano professionale, cosa che comunque non desta in lui alcuna particolare soddisfazione (per forza, è incompleto), è tuttavia segnata da una vicenda particolare e che riguarda avvenimenti che si verificarono sin dalla sua nascita. Fino ai dieci anni Alistair crebbe apparentemente in maniera normale, dimostrando altresì una certa tendenza all'introspezione che a un certo punto cominciò a sfociare in delle vere e proprie crisi: il bambino si assentava completamente dalla realtà restando anche per ore e ore fermo a fissare il vuoto. Presto divenne inoltre soggetto a sbalzi d'umore e a momenti di collera nei quali manifestava atteggiamenti violenti. Fu infine solo a dodici anni che venne diagnosticato come affetto dal virus della 'schizofrenia', la cui unica cura consisteva attualmente nella cosiddetta 'Scissione Massiccia', che operata tramite l'utilizzo di un proiettore Mikkleton, scopriva e riteneva la personalità dominante e sequestrava le altre che venivano poi introdotte nella sostanza passiva psicoricettiva di un androide adulto e dalla vita massima di 45 anni ('Durier'). Secondo Legge Federale la reintegrazione della personalità poteva essere tentata non prima dei trent'anni e comunque a discrezione di tutte le diverse personalità sviluppate e in particolare modo di quella dominante, perché solo questa avrebbe potuto accorparle e riunirle tutte.

È nel momento più alto della sua carriera professionale che Alistair, sentendosi profondamente incapace di evadere dai confini limitati del suo carattere e desideroso unicamente di ottenere quella meravigliosa varietà di contraddizioni e passioni, quella umanità che distingueva tutti gli altri esseri umani, decide di mollare tutto e viaggiare attraverso la galassia alla ricerca dei due Durier, i portatori delle sue altre due personalità e tentare la reintegrazione.

Non penso che per un lettore e appassionato di fantascienza Robert Sheckley costituisca una novità oppure una incognita. Newyorkese, deceduto nel 2005, si può considerare uno dei massimi autori del genere (la sua produzione sia di romanzi che di racconti è incredibilmente vasta) e uno dei più brillanti, capace di volta in volta di tratteggiare storie e personaggi differenti in situazioni anche parodistiche e/oppure satiriche e che con una certa ironia non esitino ad affrontare tematiche di tipo sociale o come in questo caso specifico di natura psicologico-individuale.

E sì, individuale, perché in questa sua difficoltosa ricerca di quelle che sono le sue due personalità mancanti e che a un certo punto diventeranno tre (quattro in totale), e tutte quante in aperto contrasto tra di loro, non possiamo invero dire che Alistair Crompton abbia in qualche modo tradito se stesso sin dal principio. E lo stesso fa l'autore Robert Sheckley, come volendo giocare con noi lettori e svelandoci sin dal principio il suo 'intento'. Crompton, quando decide di volersi reintegrare, ricongiungere alle sue due altre personalità per sopperire a quelle che avverte come delle sue mancanze, e al punto tale da abbandonare tutte le sue abitudini e mettersi in un viaggio, che si rivelerà avventuroso e allo stesso tempo (per il lettore) divertente, all'atto pratico ha già oltrepassato quei confini che la sua natura limitata avrebbe dovuto imporgli. Con questo semplice input ha già superato quei blocchi che ritiene abbiano da sempre limitatato lo sviluppo completo della sua personalità a causa della scissione.

L'intento dell'autore ne consegue, è ovviamente parodistico e allo stesso tempo didascalico. Non basta leggere il seguito del romanzo per considerare che la personalità di Crompton sia forse limitata ma non più di quanto potrebbero esserlo tante altre; praticamente tutte le altre. Egli è incompleto perché è in qualche modo una certa visione della natura umana che ci vuole sempre incompleti. Siamo sempre alla ricerca di qualche cosa. Dio, l'amore, il denaro. Molte volte cerchiamo e desideriamo ardentemente qualcosa di cui non abbiamo veramente bisogno oppure vorremmo essere qualcun altro. Ma il fatto è che in fondo potremmo veramente avere tutto quello di cui abbiamo bisogno e possiamo già essere diversi. Il punto è che bisogna volerlo ma allo stesso tempo avere quella lucidità secondo la quale si sia consapevoli di non poter fuggire da se stessi. Cosa in cui forse metaforicamente costituisce la Scissione Massiccia. Questa sensazione di incompletezza e questa insoddisfazione è inoltre indubbio che del resto infatti possano (debbano o almeno dovrebbero sempre) costituire una specie di spinta, una molla cui dovrebbe seguire quel processo che però non può costituire solo una reazione, molto spesso del resto è così ma possiamo discutere su quanto la reattività non costituisca un principio esclusivamente difensivo, ma debba realizzarsi in una maniera attiva e consapevole.

Non è facile naturalmente. E non è tempo di facili morali tuttavia, e pure le mie considerazioni sono qualche cosa che rimarrà nel mio intimo e per il proseguimento della mia esistenza come qualche cosa di irrisolto. A meno che, ovviamente, io non decida di andare alla ricerca delle mie altre personalità confidando nel fatto queste ritengano in qualche maniera utile procedere alla fusione. Il resto intanto è Robert Sheckley. Galassie sconfinate e mondi popolati da specie diverse antichissime incredibili e qualche volta dotate di intelligenze particolari e di una ironia incomprensibile per noi poveri terrestri, altre volte rozzi e più portati allo scontro fisico, magari in aperto contrasto con gli scomodi esseri umani colonizzatore di mondi aggressivi per natura. In mezzo l'uomo come sua individualità complessa, costretto nella sua miseria a battaglie interiori e fantastiche avventure senza tempo né spazi, dove panzer capeggiati dal federmaresciallo Rommel sfilano lungo la South Orange Avenue, scontrandosi contro cinquanta guardie svizzere armate di picche, una barcata di vichinghi assetati di sangue e poi un distaccamento di cavalleria irregolare ungherese comandato da von Suppe; da lontano la Grande Armée attraversa la Sierra Guadarrama e rinforzi Apaches, Membrillo, Atahualpa e i suoi anonimi Inca e un paio di battaglioni Zulù irrompono sul campo, finché in questo sconfinato e irregolare, distorto mondo di battaglie, non si addivenga a una qualche decisione e/o compromesso di qualche tipo. Anche se quello di guerra può costituire anche uno stato permanente o comunque che vada avanti per molto molto tempo...

Che confusione. Facciamo così. Sapete che cosa mi viene in mente. Se proprio ci dobbiamo trovare una morale a questa storia, che non è quella contenuta all'interno del romanzo (o almeno non solo), voglio guardare alla storia del pinguino freddoloso, Pablo, che sogna ardentemente di andare a vivere in un luogo caldo, il Sud America, e che effettivamente raggiunge dopo avere lasciato il suo habitat naturale e avere intrapreso un viaggio avventuroso e pericolosissimo. Eppure... Una volta lì, mentre si crogiola al sole a dorso di un'amaca e sorseggiando vodka e succo di lime (quello che Philip Marlowe chiamerebbe semplicemente 'succhiello') non riesce a superare la nostalgia di casa. 'Mai contenti questi pinguini.' Meno male però ogni tanto, storicamente, c'è quella voglia, quel desiderio, quella spinta irrefrenabile a mettersi in viaggio alla ricerca di qualche cosa e che poi saremmo noi stessi, in un processo che è sì, individuale, ma che storicizzato, riguarda l'essere umano nel suo complesso. Qualunque sia l'esito della ricerca, questo a volte può bastare, dare in sé un significato a una intera esistenza e alla vita dell'uomo.

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