Dopo due album che hanno rappresentato il suo esordio cantautorale, Roberto Vecchioni pubblica una "mezza antologia" di brani tratti da "Parabola" e "Saldi di fine stagione" con l'aggiunta di quattro brani, sui quali voglio concentrare la mia attenzione. "L'uomo che si gioca il cielo a dadi" è la canzone che dà il titolo al Long Playing, e fu presentata al Festival di Sanremo del 1973, ottenendo un buon settimo posto su sedici partecipanti (la vittoria sarà di Peppino di Capri con "Un grande amore e niente più"). Il brano è ben arrangiato tra pianoforte e archi, ed è dedicata al padre del cantautore. Si può trovare subito un punto di contatto con Antonello Venditti, che nello stesso anno cantava "Mio padre ha un buco in gola". La figura paterna quindi come motivo ispiratore sia del cantautore romano che di quello brianzolo. Il padre di Vecchioni era un giocatore, di carte e ai cavalli soprattutto, e ciò sarà ricordato anche in altre canzoni, si pensi a "Per un vecchio bambino" del 1977, appositamente dedicata al genitore nell'anno della scomparsa. E nella canzone del 1973 si allude oltre che a questi due giochi anche alle donne e retoricamente al cielo, che il padre si giocherebbe a dadi con Dio. Il brano è una dichiarazione di ammirazione paterna, nonostante ci si veda poco, e il ritornello recita "papà, lasciamo tutto e andiamo via". "Sono solamente stanco da morire" era stata pubblicata inizialmente insieme alla canzone appena analizzata come lato B del 45 giri. È una canzone con classica struttura strofa-ritornello-strofa-ritornello in cui Vecchioni canta con voce malinconica e con un fare lamentoso ma piacevole la perdita di un amore: "perché io sto perdendo lei". Quindi anche i due brani citati non sono propriamente "nuovi", sebbene pubblicati per la prima volta su 33 giri. Il terzo brano è "Il fiume e il salice", arrangiata anche con chitarre acustiche e con una voce femminile, dove l'Autore dimostra già di saperci fare anche con la scrittura metaforica, paragonando il rapporto tra fiume e salice al rapporto tra musica e parole. La canzone è in senso più ampio una riflessione sul proprio mestiere di cantautore, che ritornerà in brani come "Vaudeville", del 1977. L'ultimo brano è "La tua assenza", arrangiato in maniera sia pianistica che chitarristica dall'ottimo Sergio Parisini, che ha chiaramente curato tutto il disco. Il testo sembra parlare della madre, e anche qui ritornano i cavalli, i dadi e il fiume, a rappresentare una continuità tematica. Inoltre, dopo la figura paterna, viene trattata anche la figura materna.

Gli altri brani sono, da "Parabola", la mitica "Luci a San Siro", "Io non devo andare in via Ferrante Aporti" e "Povero ragazzo", mentre dalla seconda prova del cantautore, "Saldi di fine stagione", sono state riproposte "Archeologia" e "Fratelli?", la prima in versione più breve, unico brano modificato rispetto all'originale.

Sostanzialmente siamo ad un Vecchioni iniziale, ancora legato alla forma canzone tradizionale, con strutture e durate convenzionali, solitamente al di sotto dei cinque minuti ed anche al di sotto dei tre, in due casi. La produzione è ancora di Renato Pareti, che figura come coautore delle canzoni, tra l'altro.

Negli anni successivi, complici prima la produzione di Michelangelo Romano (che durerà 15 anni, fino a "Milady" del 1989), poi la collaborazione con arrangiatori quali gli ex Nuovi Angeli Pasquale "Paky" Canzi e soprattutto Mauro Paoluzzi, il suono e la voce di Vecchioni si faranno più accattivanti, e le durate raggiungeranno anche gli 8-9 minuti ("Il re non si diverte", "Pesci nelle orecchie", "L'ultimo spettacolo"), con strutture che prevederanno anche tre temi musicali in un solo pezzo e accenni, nei finali, a ciò che avveniva oltre manica (il finale di "Per un vecchio bambino" ha un vago sapore pinkfloydiano).

Siamo comunque in una fase che merita 3 stelle, per un cantautore mai banale e mai troppo commerciale quale è R. V.

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