I vecchi di paese parlano poco e lentamente perché sanno che in fondo non c'è niente da dire, che tutti - eccetto loro - sono degli imbecilli.

Non sto parlando di quelli che attraverso le premure elargite al nipotino o al canarino di turno riacquistano le stelline nello sguardo impazienti di mordere la loro fetta di Eterno Ritorno, né tantomeno dei baciapile sudaticci che ricercano senza sosta quell'indulgenza plenaria che li mondi da ogni peccato e che li possa presentare candidi, soffici e profumati come lenzuola lavate di fresco davanti alle penetranti occhiate di un dio accusatore.

Parlo dei vecchi che bestemmiano quando leggono la prima pagina di un giornale, che mandano affanculo il loro compagno di briscola per una giocata intempestiva, che si cambiano le mutande una volta ogni due settimane. Se hanno dei nipoti questo non significa che li vogliono troppo tra i piedi, se anche ammettono l'esistenza di un qualsivoglia demiurgo non perdono certo tempo a leccargli le chiappe e liquidano la questione parafrasando Heine: "Dio mi perdonerà. È il suo mestiere".

Sono persone che forse non le avranno viste tutte, ma tutto hanno intuito; forse non crederanno più in niente, ma niente le ha ammazzate.

Con un vecchio di cotal guisa bisogna attaccare bottone nei rari momenti in cui è in buona: di solito a circa metà mattinata quando - dopo un paio di cognacchini a stomaco vuoto - una calma alticcia da guerriero a riposo mitiga la riottosità forgiata negli anni e il prossimo si trasforma in un diario su cui vergare le proprie memorie.

Sedetevi con lui al bancone di un bar e più che al contenuto prestate attenzione al suono delle sue parole; a quella voce grassa, limacciosa e corrosa da un inveterato tabagismo: l'essenza di "Nouveau saxhorn nouveau basse" è tutta quì.

Una vecchia tuba dalla fronte aggrottata che senza fretta riempie la sala con il suo profondo baritono. Note vibranti, lunghe, strascicate, sgranate ad una ad una e perse per sempre in una nebbiolina di ricordi.

Una vecchia tuba e il racconto di una vita intera scandito da ampie boccate di fumo. Un pigro monologo che galleggia a mezz'aria grazie ad un subdolo gioco di riverberi avvolgenti in cui tutta l'intensità delle frasi è sostenuta da silenzi carichi di sottotesto.

Una vecchia tuba dalla barba incolta, dalle mani callose e dai gesti gravi che soppesa l'effetto dei suoi aneddoti sul volto di chi l'ascolta. Una minimal classical declinata ad una drone ambient sui generis; un'eloquenza essenziale, poderosa e vivida che traduce in immagini i ricchi riflussi di un cuor d'ottone.

La voce di un vecchio può essere un invito al viaggio come la sirena di una nave che sta per salpare.

Carico i commenti... con calma