L'evoluzione dello stile.

Talvolta può far storcere il naso ma il mutamento è costante, perenne. In tutto ciò che ci circonda; nel nostro aspetto, nella lingua che parliamo, nei nostri gusti, nel paesaggio che ogni giorno vediamo. La visone degli "infiniti presenti" nel suo complesso, o la sovrapposizione degli attimi in un lasso di tempo più o meno prolungato, fino ad ottenere un continuo-discreto, lascia a volte sbigottiti. Situazione curiosa; ma che descrive appieno la sensazione che si può provare nell'ascoltare un album di flamenco classico e, successivamente, nel comparare le sonorità appena percepite con quelle presenti in questo lavoro.

Come portare modernità in un genere che è classico quasi per definizione mantenendone inalterati gli schemi tradizionali.
Rodrigo e Gabriela vengono dal Messico: terra celebre per la cultura folkloristico-musicale aquisita in seguito alla colonizzazione spagnola e plasmata nel corso degli anni sulle forme dei cactus della nazione del peyote. La loro formazione musicale fonda le sue radici nel rock e nell'heavy metal messicano e loro stessi si definiscono uno strano ibrido musicale a cavallo tra il rock e la chitarra classica. Sono una sorta di "mariachi" contemporanei che per reggiungere la fama (?) hanno dovuto abbandonare l'altopiano inquinato e caotico della loro Città del Messico e trasferirsi nella verde Irlanda tra eriche e trifogli.
Il loro primo ed omonimo disco rispecchia la loro natura, fatta di un crossover cultural-musicale ben assemblato e splendidamente ricamato con 12 corde di nylon e 2 chitarre latine. Il  "razado" di Gabriela e il finger picking di Rodrigo si mescolano in ritmi tipicamente "hispanici", accarezzando una rumba dalle tonalità rock o aggredendo un flamenco sfumato di jazz. Basta sentire le note di "Tamacun" per venire catturati dall'armonia e dal calore che il legno delle chitarre di questi 2 ragazzi emana. Vikingman, registrata praticamente in presa diretta durante una gita fuoriporta a Copenaghen, passa da melodie Paco-de-Lucia-ne al rock in un crescendo estatico per poi implodere in arpeggi dal sapore malinconico. Queste sono solo due delle gemme contenute in questo piccolo scrigno del tesoro e descrivere tutte le canzoni toglierebbe probabilmente il "sapore della scoperta" . L'album è infatti nel suo complesso, delizioso; lezioso a tratti, raffinato e minimalista in alcuni passaggi e ancora volutamente barocco pregno di arzigogoli musicali in altri momenti . Esperimento riuscito e assolutamente ben confezionato. Date un'occhiata ai video presenti su YouTube per farvi un'idea dell'affiatamento e dell'atmosfera che la "mexican couple" riesce a creare.

 

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