Charles Roger Hodgson, classe 1950, è uno dei più grandi autori e interpreti della musica pop: una decina di sue composizioni (tutte appartenenti al suo periodo giovanile con i Supertramp, tra la metà dei settanta e l'inizio degli ottanta) stanno nell'empireo delle canzoni perfette in quest'ambito. Alcune sue progressioni di accordi in esse contenute hanno la squisitezza e l'efficacia di una sinfonia.

La peculiarità (pur a rischio di stucchevolezza) della sua altissima voce, lodevolmente curata e conservata negli anni, lo distingue istantaneamente da qualsiasi altro collega. L'approccio personalissimo ai due prediletti strumenti compositivi ed esecutivi e cioè il pianoforte (preferibilmente elettrico, sovente suonato battendo gli ottavi in uno stile trascinante e comunicativo) e la chitarra (non di rado a dodici corde, quasi sempre arpeggiata da manuale) rafforza ancor più la distinzione da qualsiasi altro "cantautore" sulla piazza.

Le ulteriori capacità e creatività di arrangiamento (il suo intervento sulle musiche si spinge fino al singolo colpo di piatto e fino all'ultima nota di basso), l'ispirazione nella scrittura dei testi (pur a rischio di misticismo, e quindi di nuovo di stucchevolezza per molti) lo rendono musicista sfaccettato e completo: suona, canta, scrive, arrangia, produce; ha insomma una visione d'insieme, autosufficiente della sua arte.

Il repertorio di Hodgson è anche passibile di critiche, però. Non poche sue composizioni risultano (opinione personale) lagnose, tirate per le lunghe, con una componente progressive che stempera l'efficacia della sua ispirazione migliore, schiettamente pop. Ma la problematica a ben vedere più realistica che questo artista si porta dietro da quasi trent'anni a questa parte è l'impietoso confronto della sua produzione solista paragonata col catalogo Supertramp: non c'è proprio paragone.

Molta della magia di quel gruppo derivava dal benefico antagonismo di Roger coll'altro cantante e compositore il tastierista Rick Davies, un tipo diverso in tutto da lui, nel timbro di voce e nella base blues e jazz della sua formazione. Classico esempio di perfetta associazione artistica, era proprio il continuo rimbalzo fra la mistica e tenorile ispirazione di Hodgson con la terragna e baritonale inventiva di Davies ad infondere varietà e completezza alla proposta pop-rock dei Supertramp.

Così che quest'opera non può essere certo considerata un capolavoro. La classe scorre copiosa, i suoni argentini e perfettamente curati sono una costante ma le melodie epocali latitano, giusto un paio di brani ("The More I Look" e "Love Is A Thousand Times") posseggono il piglio melodico da fuoriclasse del pop adulto.

Forse per umiltà, desiderio di vita familiare, o piuttosto per idiosincrasia verso l'industria musicale e le sue becere regole, Mr. Hodgson si è manlevato dal pubblicare un numero più consistente e qualitativo di canzoni all'indomani della sua fuoriuscita dal carrozzone Supertramp: quest'opera risalente all'anno 2000 è infatti solo la quarta a suo nome; e sinora anche l'ultima di questo moderno menestrello che ebbe fra l'altro il coraggio, nel 1990, di rifiutare il ruolo di frontman negli Yes lasciato allora vacante da Jon Anderson!

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