Che succede se l'approccio di un disco come quello di quest'anno degli Autechre viene portato del tutto a compimento, lasciando appunto alla macchina l'inane compito della creazione? Potrebbe accadere di essere scaraventati in un luogo assurdo. Come succede con questo disco, postuma ed estrema posizione di una ratio che impugna l'aleatorio e ne fa fondamenta.

Roland Kayn, un compositore dedito alla creazione di musica cibernetica, un uomo con l'obiettivo di divenire sempre meno determinante nella creazione della sua musica, dando libertà alle sue macchine in misura tanto larga da rendere impossibile la stessa percezione di un metodo, di una formula nella macchina stessa. Dai primi anni (fece parte del Gruppo Di Improvvisazione Nuova Consonanza con, tra gli altri, Morricone) la sua produzione trova compendio e compimento in questo titano postumo curato da Jim O'Rourke.

Dal sistema solare alla via lattea. Qui le cose si fanno davvero difficili. Il "disco" dura quasi 14 ore, inavvicinabile. Non un ritmo, che rendeva ancora possibile appigliarsi a qualcosa nelle NTS Sessions, non una melodia, solo pure leggi, limpide leggi di comportamento e di locomozione verso la prossima massa informe, che è sempre irripetibile. Lo spazio come abisso oceanico, come gita turistica tra entità che scherniscono la nostra visione della realtà. Qui non ci sono computer, gli armadi del professor Kayn sono posteri di quelli di Klaus Schulze e compagnia, non sono legati dalle catene del software. Per questo quando alla fine di Arasa dal nulla piomba un coro di voci femminili l'impressione è del tutto inquietante, estrema.

Alzare il volume e chiudere la porta significa battagliare con una vertigo ultraterrena, lovecraftiana e non per scherzo. Nella sua "cosmologia" oltre al famoso Cthulhu trovano spazio anche gli Dei Esterni, fratelli maggiori, anzi gargantuesche caricature delle nostre divinità terrene, a loro volta intronati dal sublime Azathot, "il dio cieco che gorgoglia e bestemmia al centro dell'Universo". Ecco, qui pare che debba apparire a ogni momento, o addirittura di essere già nella sua orrenda corte.

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