Nella pletora di gruppi gothic formatisi tra la fine degli anni 80 ed i primi anni 90 i Rosetta Stone rappresentano, forse, il frutto migliore.

Come tutti i loro colleghi di quel periodo anche "La stele di Rosetta" (nome tratto da un'antica pietra di basalto egizia, rinvenuta nel diciassettesimo secolo, che riporta il testo di un provvedimento faraonico scritto in tre lingue diverse e che fu di decisiva importanza per la decifrazione dei geroglifici), paga un dazio pesante nei confronti dei Sisters of Mercy di "First and Last and Always" nelle ritmiche ossessive e nei riff post-punk taglienti ed incalzanti.

Il debutto della band formata da Porl King alla voce, chitarra e tastiere e Carl North al basso, accompagnati dalla drum-machine ribattezzata "Madame Razor", intitolato "An Eye For The Main Chance", è senza dubbio un ottimo disco. Un lavoro energico, potente, decisamente "heavy" in alcuni punti, che riprende i classici stilemi sonori gothic rock velocizzandoli in chiave metallica, molto più di quanto avevano già fatto i Fields of Nephilim. Sia chiaro, non l'originalità fatta a disco, ma per gli amanti dei Sisters of Mercy, Mission, i primi Cult e i Cure del periodo della trilogia, si tratta sicuramente di un album da ascoltare e che merita, a mio parere, di stare nello stesso cassetto dove tenete i debutti delle bands di Eldritch, Astbury e Hussey. Un disco che spazza via i tentativi di gente come i Love Like Blood o i Two Witches di coniugare il metal con le timbriche gothic rock, relegandoli giustamente nel dimenticatoio.

I Rosetta Stone dimostrano di essere i migliori allievi nei 90 di tutto quel che nacque dopo l'uscita del primo capitolo delle sorelle, come dimostrano canzoni come "Forevermore" e "Something Change", entrambe di missioniana memoria (ricordano nel coro e nella melodia un po' rispettivamente "Wasteland" e "Blood Brothers"), l'oscura e palpitante "Reason" che, se fosse uscita qualche anno prima, sarebbe potuta stare tranquillamente nello stesso disco insieme a "Marian" dei Sisters senza creare sconvolgimenti di sorta, la melodica e decadente title - track, una sorta di "A Strange Day" dei Cure (di cui vengono riprese in una certa misura i giri di basso) in salsa gothic rock e con la voce di Porl che ricalca molto il classico cantato del genere alla Eldricht, tenebroso e baritonale, e la ballata rock conclusiva "Subterfuge" che rimanda, invece, ai Cult di "Dreamtime".

Insomma, se siete amanti di queste sonorità, questo debut della Stele di Rosetta saprà conquistare un posto nei vostri ascolti più frequenti.

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