I Rotting Christ sono una di quelle band che dopo ogni album, nel bene o nel male, ha sempre saputo rinnovarsi. Partiti con un Black Metal che strizza l’occhio alla melodia, nella musica dei Rottin’ subentra il Gothic che poi farà anche accantonare la matrice originale Black Metal. Con gli anni 2000 la band greca è ancora ritornata al Black, ma ben conscia delle più recenti sperimentazioni gotiche.

Molto in grandi linee è da questi presupposti che nasce “Theogonia” nel 2007. “Theogonia” è un disco strano. Appare ovvio che si muova entro lidi Black Metal, ma dall’ascolto traspare qualcosa di più, qualcosa che va ben oltre delle “semplici” contaminazioni e spinte gotiche che trovavamo in dischi come “Khronos” e “Genesis”. Il nono album della ormai lunga carriera della band di Sakis Tolis aggiunge qualcosa di unico alla propria discografia. Gli dei del Pantheon greco hanno forse veramente ispirato Sakis?

Come detto, i Rotting Christ non tradiscono le loro origini di blacksters, il growl di Sakis è sempre lo stesso, ma nelle note di “Theogonia” c’è una nuova ispirazione che in qualche modo trasuda epicità e oscuro misticismo.

“Epicità”. Ora questo non significa che in questo disco l’ascoltatore troverà dei cori in style Rhapsody of Fire, assolutamente no, ma forse intuirà nella musica una volontà della musica stessa di stamparsi nella memoria e di farsi tramandare da chi ascolta. Con questo presupposto i Rottin’ vogliono riportarci all’inizio dei tempi, ai tempi del ?a?? Ge?et?, ai tempi della genesi degli dei dell’Olimpo – e non avrebbero potuto farlo meglio.

“Oscuro misticismo”. Abbiamo detto che i Rotting Christ ci riportano la “Theogonia”. Ma la genesi degli dei non è una cosa rose e fiori, i tempi erano oscuri, e la band sa benissimo riportarci in questa ottica, tramite una musica severa, tagliente e graffiante, che consente quasi all’ascoltatore di contemplare questi eventi di natura sovrannaturale.

Ma la cosa che mi urge di più far capire è come la band abbia saputo creare un’opera musicale di natura così compatta. L’album non è un rozzo miscuglio di elementi diversi, ma nella complessità di tanti elementi incastrati insieme con totale naturalezza “Theogonia” appare un qualcosa di assolutamente coerente. Coerente anche se “Rege Diabolicus” è una malvagia sfuriata di pochi minuti e “Threnody” è una canzone molto più distesa e orientalizzante.

Si tratta dunque di un’opera davvero personale che sfugge dalle etichette, i Rotting Christ hanno dimostrato di essere un gruppo che sa creare.

Ma ora veniamo ai momenti salienti dell’album.

L’opener “?a?? Ge?et? (The Sign of Prime Creation)”, detto sinceramente, non poteva essere migliore. Una fucilata di tre minuti e venti tra sfuriate Black Metal, taglienti strofe mid-tempo e cori in Greco. Impossibile non farsi prendere dall’enfasi. E’ il preludio verso qualcosa di grande.

Qualcosa di grande è sicuramente “Keravnos Kyvernitos”, che cresce sempre più di intensità, finendo per sprigionarsi in uno dei migliori ritornelli made in Rotting Christ: melodico, epico e davvero tanto pieno di pathos.

Enuma Elish” è uno dei pezzi più strani. Oltre al testo (Sakis prende in causa anche le antiche divinità sumeriche), i cinque minuti scarsi della canzone sono i più inquietanti dell’album, prima con le chitarre che si fanno ossessive, suscitano una strana tensione, poi anche accompagnate da voci femminili di gusto orientale.

Poi come detto le sfaccettature che assume il disco sono tra le più varie, dall’oscura rocciosità di “Phobo's Synagogue” alle chitarre incalzanti di “He, the Aethyr”, passando per una quasi folkeggiante “Nemecic”.

In definitiva, a parere di chi scrive “Theogonia” è una delle migliori uscite metal degli anni 2000, non è un disco che inventa qualcosa di nuovo, ma che sa combinare alla perfezione svariati elementi creando un’entità a sé stante nella personalissima proposta dei greci. E’ il disco che meglio annuncia i Rotting Christ tra i portatori della fiaccola del metal in questi ultimi anni, genere sempre più privo di idee, al pari di ben poche altre band.

Ah, ovviamente se siete dei blackster ancora impallati su “Transilvanian Hunger” riluttanti verso ogni innovazione lasciate stare questo disco, mentre mi sento di consigliare “Theogonia” a qualunque ascoltatore dalla mentalità aperta, che (come me) non deve per forza essere un appassionato di Black Metal per poterne apprezzare le molteplici sfumature.

Un’opera da tenere stretta.

Elenco tracce e video

01   Χάος Γένετο (The Sign of Prime Creation) (03:21)

02   Keravnos Kivernitos (04:41)

03   Nemecic (04:16)

04   Enuma Elish (04:39)

05   Phobos' Synagogue (04:25)

06   Gaia Tellus (04:39)

07   Rege Diabolicus (02:53)

08   He, the Aethyr (04:41)

09   Helios Hyperion (03:48)

10   Threnody (05:19)

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