Prima di leggere "Sulla strada" di Jack Kerouac non avevo capito niente della vita. Nel dettaglio, non avevo capito niente della mia vita. Sapete, sono convinto di non aver combinato nulla di buono nel corso della mia più o meno breve esistenza, ma c'è stato un tempo in cui ero convinto di stare andando da qualche parte. Ero fermo, certo, tuttavia nella mia testa avevo maturato la convinzione che prima o poi sarebbe successo qualcosa, e sarei arrivato dove dovevo arrivare. Quanto più questa convinzione si faceva strada dentro di me tanto aumentava il mio immobilismo e la mia incrollabile fede in quella che posso definire una sorta di "giustizia divina". Ora sarebbe inutile mentire a voi che tutto sommato di tutta questa storia ve ne fregate: in verità ad oggi non ho ancora combinato niente di buono. Non mi sono ancora messo in movimento, anzi, viaggiare è un qualcosa che ancora oggi mi fa spavento e mi mette addosso una certa ansia che, credetemi, è parecchio difficile da scacciare via e ancora più da ammettere a me stesso e da spiegare a chi mi circonda, ma almeno grazie a Jack Kerouac ho imparato a non prendermi (troppo) per il culo. Le cose non succedono mai perché devono succedere. Se voglio cambiare la mia vita uno di questi giorni mi toccherà raccogliere quelle poche forze che mi sono rimaste, alzare il culo dal divano e darmi da fare sul serio. Mettermi in viaggio, sulla strada.

Avete mai rinunciato a qualcosa di molto importante perché non avevate nemmeno la forza di reggervi in piedi? Jomar Henriksen sì. Una volta aveva una donna, una moglie. Era uno sciatore professionista, uno che ha passato ogni giorno della sua vita sugli sci. Poi succede che è costretto a letto da un incidente e fa fatica a rialzarsi in piedi, cade in depressione, rinuncia definitivamente allo sport e alla vita. A questo punto, poiché i mali non vengono mai da soli e le donne sono sempre molto comprensive e pronte a stare vicine ai propri uomini quando questi hanno qualche problema e come è oramai tradizione consolidata nei secoli dei secoli, la moglie lo lascia per il suo migliore amico.
Quattro anni dopo Jomar Henriksen è un teledipendente da National Geographic Channel. Fa un lavoro del cazzo, guardia di un parco sciistico, e tra una seduta dallo psicologo e l'altra passa le sue giornate bevendo alcolici, assumendo farmaci e fumando qualche sigaretta. Dicevamo, sono passati quattro anni da quando la moglie se ne è andata con il suo migliore amico, quando Jomar viene a sapere di essere padre di un bambino di quattro anni, che vive a "Nord", in un piccolo paesino nel nord della Norvegia, con la madre. Che poi sarebbe la sua ex moglie - la ex moglie di Jomar insomma, ma questo lo dovevate aver capito da soli immagino. Dove passa Jomar Henriksen tutto finisce in fiamme, la sua vita, se così la possiamo definire, sta andando a puttane, e alla fine il nostro decide di affrontare la sua ansia e le sue paure e, a bordo della sua motoslitta e con al seguito un carico di alcolici e farmaci, si mette in viaggio verso nord.

Cosa sapete della Norvegia? Io poco e niente. E' una monarchia parlamentare. La capitale è Oslo, che poi è anche la città più grande e popolosa del paese. La Norvegia è un paese di pescatori, salmoni e merluzzi, ricco di risorse energetiche con una superficie superiore a quella dell'Italia e una popolazione decisamente inferiore. In pratica circa quattro o cinque milioni di abitanti. Per il resto tutto quello che so sulla Norvegia - semplicemente "tutto quello che so", direbbero i maligni - è legato al gioco del calcio. La Nazionale italiana di calcio ci ha giocato contro ai Mondiali statunitensi del 1994 - 1 a 0, rete di Dinone Baggio nel secondo tempo di una partita passata alla storia per la sostituzione di Roberto Baggio in seguito all'espulsione del portiere azzurro Gianluca Pagliuca per una sciagurata uscita a valanga fuori dell'area sul norvegese Leonhardsen - e ai mondiali francesi del 1998 - sempre 1 a 0, rete di Christian Vieri. I giocatori più rappresentativi sono stati il gigante Tore André Flo, detto altresì "Flonaldo", che ha giocato anche nel campionato italiano con la maglia del Siena, e Ole Gunnar Solskjær, una leggenda per i tifosi del Manchester United che hanno ancora negli occhi il suo goal nella finale della Champions League 1998-99 contro il Bayern di Monaco (finale vinta 2 - 1 dai Red Devils con una incredibile rimonta nei minuti finali). Il Rosenborg, società di calcio con sede nella città di Trondheim, ha buttato il Milan fuori dalla Champions League nel 1996-97. Ma, va bene, di tutta questa roba non importa niente a nessuno. Soprattutto tutti questi dati statistico-calcistici hanno ben poco a che vedere con la Norvegia di Nord (regia dell'esordiente Rune Denstad Langlo), che alla fine non è altro che un road-movie sulla neve, un viaggio in una realtà solo apparentemente distante anni luce dagli sconfinati deserti del Nord America cui ci ha abituato tanta letteratura americana (e non). Ma d'altra parte, diciamocela tutta, non è forse vero che i Giant Sand hanno registrato qualche disco in terra di Danimarca? Chi di voi saprebbe definire con esattezza cos'è un deserto? Non ci portiamo forse dentro un pezzo di deserto tutti noi? Io dico di sì.

Il viaggio di Jomar Henriksen è un viaggio in motoslitta attraverso un paesaggio norvegese fatto di interminabili e bianche distese innevate cui fa da colonna sonora una musica country tutta rigorosamente made in Norway - ci sono anche gli International Tussler Societyà, che in pratica non sono altro che i Motorpsycho (proprio loro!) da Trondheim (pure loro!) in versione country western. Lungo la strada Jomar avrà modo di incontrare qualche personaggio che per una ragione o per un'altra conduce una vita in condizioni estreme e di solitudine e tutto sommato non se la passa poi tanto meglio di lui, e di imparare qualcosa sulla vita e, come è nelle migliori tradizioni cinematografiche di dominio non esclusivamente americano (anzi!), sulla morte. Il lieto fine e la morale andateveli a cercare voi. Io sento di non avere ancora abbastanza forza per mettermi in viaggio al momento. Non ancora. Ma tengo sempre pronto uno zaino da qualche parte e so che uno di questi giorni salterò in sella alla mia vespa - ok, magari dopo una opportuna visita al mio meccanico e, perché no?, al mio sfascia carrozze di fiducia - e raggiungerò Bilbao, Vitoria-Gasteiz, Gernika-Lumo, San Sebastián. Non sarà il Nord di Rune Denstad Langlo, ma non è nemmeno troppo poco per uno che tutto sommato non si è nemmeno mai affacciato sull'Atlantico.

D'altra parte non è mai troppo tardi per lasciare l'ascia e accettare l'accetta (citazione indispensabile).

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