Nell'anno 1982 i Rush fanno uscire l'album "Signals", uno dei cd forse meno apprezzati di tutta la discografia del trio canadese. L'evoluzione nella musica e nel suono prosegue il discorso già ampiamente accennato nel precedente "moving pictures":

  1. Scompaiono i giganteschi anthem del passato, tipo "villa strangiato" o "2112", lasciando spazio esclusivamente alla composizione di canzoni.
  2. acquistano un ruolo di primissimo piano le tastiere, suonate dal bassista Geddy Lee. Conseguenze di questi due cambiamenti fondamentali sono l'omogeneità dell'album, soprattutto nel suono (sembra quasi di trovarsi al cospetto di un concept), una cura maggiore delle linee vocali, ma anche l'assenza di pezzi capolavoro, nonostante il livello compositivo sia sempre altissimo.

Le tastiere formano talvolta un tappeto sonoro etereo e trasognato: è il caso di brani come "Subdivisions", "Chemistry" o "Losing It", quest'ultima con un favoloso pezzo strumentale caratterizzato dall'assolo di violino elettrico di Ben Mink. Brani come "Digital Man"  ribadiscono la genialità della linea ritmica basso-batteria firmata Lee-Peart, che riesce incredibilmente a coniugare precisione e un feeling improvvisativo che ha un calore quasi jazz. In mezzo a questo perfetto binomio si inserisce la chitarra di Lifeson, che si divide con grande perizia tra riff prog rock, come in "The Analog Kid" (spesso eseguita in sede live), e preziosi ruscelli melodici caratterizzati dal quel tipico chorus lievemente distorto.

L'evoluzione sonora verso atmosfere più "elettroniche" colpisce anche i testi di Neil Peart, molto particolari in questo CD, che parlano di scienze, era digitale, nuova società. Troviamo pure una canzone, la finale "Countdown", dedicata a due astronauti della nasa, in cui si sentono da ogni parte suoni di aerei, navicelle spaziali e comandi in rice-trasmittente. Molto piacevoli anche i riferimenti ad altri registri, come per esempio il reggae in "New World man".

In definitiva ci troviamo di fronte ad un lavoro decisamente valido e a tratti sperimentale, di più facile ascolto rispetto ad altri album dei Rush, ma sicuramente ben lontano dall'essere radiofonico, e che non rinnega la matrice progressive del gruppo.

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