I cinecomic, croce e delizia del cinema d'intrattenimento degli ultimi anni, sono come i latticini, hanno un tempo di deperimento molto rapido. Ammuffiscono presto, stufano facilmente. Ai Marvel Studios lo sanno benissimo e hanno trovato delle contromisure, lavorando efficacemente per variare continuamente scenari, temi di contorno, cromatismi, registri.

Il nuovo, celebrato, lavoro prodotto da Kevin Feige non viene meno a questa regola e anzi propone uno dei cambi più radicali: quello di colore della pelle. Ci spostiamo in Africa, nel regno di Wakanda, e abbiamo a che fare con (quasi) soli protagonisti neri. Una trovata particolarmente ruffiana, certamente, ma per una buona parte della pellicola sembra che il discorso sia veramente politico e scomodo.

Il Wakanda è ricchissimo, grazie al vibranio, ma lo tiene solo per sé, in segreto. Chiaro il ribaltamento straniante della situazione storica e geopolitica reale, con l'uomo bianco sostituito da quello nero. Ottime premesse, che tuttavia si risolvono in una visione idilliaca, in un trionfo di buoni sentimenti utopici, con le recriminazioni generiche che si stemperano in un finale cerchiobottista.

Questo, che per alcuni è il miglior film della Marvel, è a mio modo di vedere uno dei peggiori. Perché finge di introdurre temi davvero seri, complessi, legati all'attualità, ma in realtà li tratta in modo sostanzialmente puerile. E quindi risulta ancor più indigesta la scelta di parlare dell'Africa, dell'iniqua distribuzione delle ricchezze, delle ipocrisie dei potenti, se è solo un diversivo per raccontare sempre la solita favoletta. Cioè, preferisco che mi venga raccontata una favoletta senza fingere che sia una cosa seria.

Il lavoro di Coogler ha alcuni elementi di solidità, come le quattro donne protagoniste (altra strizzatina d'occhio a un tema di moda, le donne “con le palle”, come si direbbe in un film di Sorrentino). Ma presenta anche numerose debolezze strutturali che francamente trovo evidenti: un protagonista tra i meno carismatici e una fase finale di battaglia davvero mediocre. C'è tanta, troppa tecnologia e nemmeno così accattivante, anzi, piuttosto banale. Un bel cattivo stronzo interpretato bene da Andy Serkis e un cattivo tormentato - Killmonger - che sembra avere due dita di cervello e voler rivendicare scelte politiche differenti rispetto a quelle di T'Challa e suo padre, mentre si risolve in scelte ben più grossolane. Coerentemente con il film, pone buone premesse, ma poi si riduce ai soliti schemi precostituiti. Bellissima Lupita Nyong'o. Il tributo alla cultura africana è invece d'una superficialità imbarazzante.

5.5/10

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