"You stand before this court, accused of heresy and witch craft. How do you plead?"
"Not guilty!"
"Guilty!Guilty!"
Il tribunale dell'Inquisizione emette la sua condanna: colpevole di stregoneria ed eresia. Il malcapitato si ritroverà arso al rogo in men che non si dica: "La mia innocenza è vittima dei loro timori superstiziosi, persecuzione religiosa per tutti gli ultimi trecento anni, predicando pace e misericordia sotto l'ombra del coltello, un regno papale del terrore, massacro nel nome di Cristo" (www.icedtears.com).
La convinzione del sottoscritto era che qualche derelitto sbottasse "No guillotine!" davanti ad una corte della Rivoluzione francese: masticare poco inglese produce questi scherzi. La song sopracitata è "For Those Who Died" e stiamo parlando dei Sabbat, una band inglese che incide per la label tedesca Noise ed è seguita dallo stakanovista produttore Roy Rowland che, nel 1987, svolgeva un gran lavoro assieme agli statunitensi Laaz Rockit, agli svedesi Midas Touch ed ai tedeschi Kreator del terremotante "Terrible Certainty". Rowland si occupa questo eccellente album di debutto "History Of A Time To Come" e subito scopriamo quattro musicisti affiatati, ben educati, disponibili a suonare, a gratificare il mondo con il loro Thrash Metal sulfureo, mai dozzinale. Il cervello musicale della band è l'angry young man Andy Sneap, chitarrista eclettico e futuro producer di grido nel campo del metal estremo, compositore prodigio, con gli ormoni adolescenziali piroettanti che non gli impediscono tuttavia di servire nella mensa Thrash dell'epoca riff micidiali appaiati a chitarre acustiche assai ispirate. Il degno contraltare di Andy è il cantante e lyricist Martin Walkyer futuro anfitrione dei pagani Skyclad, un narratore munifico e versatile, dalla voce rabbiosa, sferzante, medievale, che lancia i suoi strali contro la Chiesa Cattolica e tutte le sue derive fanatiste, dall'Inquisizione alla compravendita delle indulgenze.
La pubblicazione di "History Of A Time To Come", nell'aprile del 1988, è preceduta da vari demotape, fra i quali spicca il leggendario "Fragments Of A Faith Forgotten" che si aggiunge ad altri preziosi tasselli in quell' universo underground, cripta segreta del Thrash anni '80, dove troviamo anche "First Strike Is Deadly" dei Testament e "No Life Till Leather" dei Metallica, antipasti densi di proteine speed ed heavy che sfociano in debut album pregevoli. Stessa sorte tocca ai Sabbat che, sulla base dei loro bozzetti, forgiano un disco imponente dove la voce e chitarre si servono a vicenda, rincorrendosi su tematiche che riguardano il dottor Faust, come nella veloce song di apertura "A Cautionary Tale", anticipata da un tenebroso intro (www.truemetal.it/recensioni, altra ottima rece e gustose informazioni). Le coordinate musicali parlano chiaro : frammenti sonici di Onslaught e marcate influenze slayeriane che si mescolano però all'originale compatezza sonora di riff graffianti ed al grande livello compositivo che, col senno di poi, identifichiamo come palestra per Andy Sneap in veste di produttore; riconosciamo pure in Martin Walkyer un trovatore implacabile che scivola nella foresta popolata di ombre e ruggisce, sputa la sua storia faustiana, declama inferocito seguito dalle chitarre di Andy che asseconda il ritmo narrativo,come un saggio Sancio Panza affianca Don Chisciotte ed è questa la novità: le liriche e le musiche sono strette assieme come in un vertiginoso Tango, fuse come "La Cosa" di Carpenter alle sue vittime, nonostante un primo distratto ascolto ci induca al pensiero opposto.
I detrattori inviterebbero qualche cantante a sostituire Martin, pensando che sarebbe semplice continuare a declamare novelle con quella forma mentis, ma non è così. La dizione, la sintassi, l'incastro dei periodi sembra assecondare il movimento musicale che noi seguiamo dall'interno della nostra corteccia cerebrale, come se passasse sopra i nostri emisferi un ectoplasma, un libro aperto con il quale giocano i fantolini facendolo volare disteso e, all'atterraggio, guardano le figure udendo la nenia. Certo, anche Mille Petrozza si sgola su "Storming With Menace", sevizia le sue corde vocali ben prodotto da Rowland e sul tappeto ritmico creato da Ventor. Eppure avvertiamo il suono non è lo stesso, nè migliore nè peggiore ma solamente diverso; e qui dobbiamo tenere presente che altri gruppi tedeschi si stavano muovendo con la Noise come poppanti che imparano a camminare. I britannici Sabbat e gli statunitensi Mordred erano le voci fuori dal coro e, come attori ribelli sul palco del teatro dell'opera, rifiutano di seguire i gobbisti della label teutonica che vogliono Speed e Thrash Metal forsennato nel copione. I Sabbat amano la velocità, ma anche la razionale violenza come nella cesellata "Behind The Crooked Cross" oppure adorano soluzioni celeri ma più più pimpanti come "Hosanna in Excelsis", incentrata sulle problematiche religiose, ma anche dominata dalle eccellenti rullate del drummer Simon Negus e dall'alternanza di parte lente e veloci, che salgono e scendono, quasi una "The Best Of Enemies" ante litteram.
Basta seguire la serenata strumentale "A Dad Man's Robe" per capire il segreto dei Sabbat, che nasce da una triste chitarra accarezzata e la pioggia nel pineto muta poi nell'esplosione immediata della sezione ritmica, che parte ventre a terra verso la sarabanda, senza eccessive leziosità sul drum-kit e sulle parti di basso a cura di Fraser Craske che accompagnano tutta la brigata nella cavalcata: un concentrato di forza e draconiana audacia, chitarra limpida e tempismo ritmico, neanche da confrontare con la strumentale "Speed Of Light" degli Assassin, messa lì senz'anima nel loro debut album.
Ancora rapidità obliqua con "I For An Eye" e grande semina di Simon Negus alle pelli mentre "Horned Is The Hunter" è l'altra mini suite che nasce dalla quiete della foresta, permeata dalla chitarra acustica carissima, lenta e pastorale in apertura e dalla fiaba in musica nello svilupparsi del brano: piccolo break orecchiabile e solismo ispirato. Andy Sneap a diciotto anni sbaraglia tanti chitarristi veterani (ma meno fantasiosi) e traghetta l'album alla conclusiva "The Church Bizarre" dove Martin lancia i suoi strali contro la Chiesa (e dell'Occultismo non c'è traccia) in mezzo a ritmi zampillanti nero petrolio e cambi di tempo ad hoc: il Thrash europeo ha trovato una sua strada, un viatico per manifestarsi nella sua forma più luciferina, come un demone possiede un corpo più o meno umano e si mostra in tutta la sua malignità.
Tuttavia i Sabbat saliranno nel pantheon del Thrash Metal europeo con il successivo "Dreamweaver" (qui su DeBaser recensito ottimamente da sua maestà Bartleboom), con il quale si raggiungono vette di cattiveria, maestosità ed ingegno compositivo senza precedenti: un maniero misterioso da esplorare col cuore palpitante, seguendo l'evoluzione della voce di Martin, nettamente superiore a quella sfoggiata in questo debutto. Per questo "Hystory Of A Time To Come", pur meritando il massimo dei voti, non riesce ad egugliare il suo successore proprio per l'ugola di Martin troppo ringhiante (c'è un limite anche alla furia affascinante) e per l'assenza di un contrappeso ad Andy che ne esalti ancor più le idee, quel Simon Jones (ex Holosade) che suonerà su "Dreamweaver" . Con la line-up del platter sopracitato i Sabbat si sono riformati in tempi non sospetti, ma la magia degli esordi rimarrà ineguagliata.
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