Per la prima volta i Samael mi lasciano con l'amaro in bocca. Il vago sentore di declino artistico percepibile nello scorso "Solar Soul", tutto sommato un lavoro discreto, ora ha preso forma in questo "Above", ultima fatica del gruppo svizzero.

Secondo quanto anticipato in un'intervista a Vorph, leader della band, "Above" è un ritorno al lato più aggressivo e potente (in poche parole più metal) della band, da tanti anni accantonato a favore delle pesanti contaminazioni elettroniche/industrial. Non solo, ma addirittura è stato definito dal leader stesso "L'anello mancante tra Ceremony e Passage", insomma lo spirito mediano tra i due capolavori risalenti ormai ad una quindicina d'anni fa. Cosa chiedere di più? Certo è che, citando le due vette più alte dell'intero progetto Samael, le speranze nei riguardi di "Above" sono aumentate non poco, specie tra i fans di vecchia data che a maggior ragione sono molto legati alle oscure radici del gruppo.

Nonostante tutto, in molti casi i ritorni alle origini risultano fallimentari, e a quanto pare "Above" non fa eccezione: oltre ad essere poco spontaneo ed in alcuni frangenti piuttosto forzato, è soprattutto distante anni luce dai capolavori sopracitati, per non parlare del songwriting povero che affligge gran parte delle tracce proposte. Le contaminazioni elettroniche scompaiono per lasciar posto a semplici ed immediati interventi delle tastiere, molto meno udibili rispetto a qualsiasi altro lavoro della band; "Above" è quindi libero dal germe avantgarde ed industrial presente in "Eternal" e nei dischi a venire. Per contro, non ha nulla a che vedere con i seminali "Ceremony" e "Passage", visto che di fatto mancano proprio la perfidia, l'oscurità indecifrabile, le atmosfere malate e surreali, i riffs granitici perfettamente incastonati tra loro. In parole povere, manca il genio, men che meno l'ispirazione.

"Above" fa un po' acqua da tutte le parti, a partire dalle chitarre, elemento pressochè fondamentale visto il sound più 'metal-oriented': è difficile riuscire a distinguere qualche riff veramente memorabile (come accadeva ad esempio nella magnifica "Rain"), e di conseguenza la carica elettrizzante del platter fa in fretta a svanire all'ombra di melodie sì solide e rocciose, ma poco convincenti. Come se non bastasse, la produzione non è certo il massimo, difatti molte volte il sound delle chitarre è così confuso da sembrare uno sgradevole ronzio amorfo, mentre la batteria gioca un ruolo disastroso in buona parte dell'album, essendo apparentemente incalzante, martellante e statica, ma soprattutto invadente. Non è raro che il resto degli strumenti (e lo scream di Vorph) venga smorzato e soffocato da una drum programming scadente.

I migliori episodi si verificano laddove tali difetti si sentono il meno possibile. È il caso di "Polygames", "Virtual War", "Illumination" (singolo estratto) e soprattutto "Black Hole". Questi brani, pur non essendo il massimo della genialità, si lasciano ascoltare senza troppi problemi: potenza ed efficacia fanno di "Polygames" e "Virtual War" due piccoli gioielli in un contesto di per sè poco piacevole, mentre un piglio orecchiabile, unito ad atmosfere siderali, rende le altre tracce dinamiche o perlomeno interessanti. Per quanto riguarda i restanti sei brani, essi oscillano tra una preoccupante mediocrità e l'assenza di una precisa direzione musicale: possiamo citare l?opener "Under One Flag", dotata di un main riff fiacco e privo di mordente, "God's Snake" (forse una delle peggiori performance dei Samael, davvero orribile) e "Dark Side", che tra l'altro è il tentativo di modernizzare una vecchia canzone dal primo album "Worship Him" (cioè "The Black Face"), con l'unico e pessimo risultato di strapparle l'originario feeling marcio e malefico rendendola insulsa e ben poco 'avantgarde'. Il resto si mantiene (ahimè) su livelli simili.

Con questo album i Samael danno l'impressione di essere una band povera di idee, confusa ed in fase di mutamento, e per questo in cerca di una nuova personalità con la quale potersi esprimere in modo più fresco ed incisivo. Purtroppo per loro e per chi li ha sempre seguiti, "Above" rappresenta solo uno stagnante e trascurabile episodio di transizione, privo dello smalto di qualsivoglia precedente album ma, forse (e si spera), il primo seme di una nuova (im?)probabile evoluzione del loro straordinario universo musicale. Chissà...

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