Ci sono album che hanno portato il rap italiano in tutte le case, come può essere "Così com'è" degli Articolo 31. Ci sono album che sono rimasti in un immaginario più stretto, come può essere "Odio pieno" dei Colle Der Fomento. E poi c'è "SxM", unico album del collettivo by Bologna Sangue Misto. Se ne è parlato tanto, forse troppo. Se è dal 1994, anno di uscita del disco, che ancora oggi questo lavoro riesce a fare discutere appassionati e non del genere, una ragione ci sarà.

Cosa rende "SxM" un classico intramontabile? La sua autenticità in primis, a partire dal sound: un suono di hip hop puro, nudo e crudo, di quelli da pompare in quartiere nel periodo estivo, dalla finestra di un DJ, in auto o in cuffia. Il sound, seppur molto anni Novanta sia come forma che come metriche, rimane costantemente fresco e innovativo. Ma al di là dello spirito di squadra come insegna la sacra "cultura hip hop", caratteristica purtroppo oggi venuta a sparire per dare spazio più all'estetica fine a se stessa, le tematiche sono spaccati della realtà nostrana. Non si cerca di scimmiottare nessuno, nessuno slang americano gratuito: i Sangue Misto inventano un linguaggio hip hop tutto loro. Ed ecco che termini come "Ballotta", "Chico", "Rapadopa", "Guaglioni" o "Porra" entrano prepotentemente nell'immaginario hip hop italiano; certo nulla che non si avesse già sentito nel genere, ma qui vengono ritagliati in un proprio spazio tutto loro libere di vagare, diventando delle parole chiave in codice nell'immaginario di Neffa, Deda e di Dj Gruff. Il primo un ricercatore di stili: spezza le parole, le velocizza, le balbetta, cucendosi addosso una metrica, soprattutto per i tempi, incredibilmente moderna. Il secondo più carismatico, il protopito dell'MC perfetto, in grado di fomentare in ogni strofa. E infine Dj Gruff, regista di produzioni impeccabili e affascinanti nelle atmosfere che riescono a creare, oltre ad avere una tecnica del tutto personale quasi sibilata.

L'intro omonimo e timido del disco entra gattonando, fino ad esplodere nella prima traccia "Clima di tensione", in cui Neffa e Deda mettono subito in chiaro che la guerra sul mic è iniziata: "La tensione sale ogni giorno di più, pure quando accendo la mia tele viene su", sembra quasi ricucita su questo periodo di quarantena non a caso. "Lo straniero" è il brano più politico del disco, in cui le entrate di Neffa sono documento di culto per i rapper avvenire ("Io quando andavo a scuola da bambino la gente nella classe mi chiamava marocchino"). Uno dei momenti più ispirati e crudi del disco, perfetto come soundtrack per pellicole come La Haine. In "La parola chiave" è Deda ad occuparsi del microfono, accompagnato dall'ospite Gopher D, ex militante del collettivo Isola Posse, la fase embrionale dei futuri Sangue Misto. "E' solo hip hop e piglia bene un tot", e le chiacchere stanno a zero. Ed eccoci al pezzo a mio avviso più potente del disco: quella perla di "Cani sciolti", in cui trova il punto più alto nello spettacolare ritornello, accompagnato da un coro fomentante e dagli scratch nevrotici e taglienti di Gruff. Un capolavoro, ripreso poi dai Club Dogo in un remake nell'album "Penna capitale", in un risultato tendente alle sonorità di quegli anni, ma che non raggiunge a mio parere la perfezione e il fascino del brano originale.

Segue l'ennesimo capolavoro del disco: in "Senti come suona" l'atmosfera si fa notturna, in cui Neffa, Deda e Gruff regnano nelle loro rispettive strofe per mezzo del loro stile-marchio di fabbrica. In sottofondo un meraviglioso sax domina, fino a diventare il protagonista assoluto negli ultimi minuti del brano. Magia, non mi viene in mente altro termine più appropriato a definirla. Ed eccoci arrivati ad uno degli episodi preferiti dai fan, aperto da un geniale sample di "In the light" dei Led Zeppelin: "La porra" entra a passo di elefante, parlando del vizio preferito dei nostri protagonisti, ovvero il consumo di marijuana. Il risultato è geniale: frasi indimenticabili ("Io non penso positivo, penso al cilum"), una struttura musicale che mischia con cura hip hop, funk, rock e un pizzico di reggae, mantenendo un'atmosfera vicina ai massimi dell'epoca, su tutti Cypress Hill e House Of Pain. Quel "bum bum-cha, chico bum bum-cha" di Neffa diventerà un tormentone per i prossimi 20 anni di rap, citato in primis da Fabri Fibra nella fortunata hit "Applausi per Fibra". Con "In dopa" i ritmi si fanno più morbidi; partecipa il rapper Soulee B in una strofa rappata in inglese, mentre l'entrata centrale giocherellona di Neffa ribalta l'atmosfera e la rende incalzante.

Torna la desolazione in "Manca mone", ennesimo spiccato della realtà italiana, che risulta incredibilmente attuale in tanti concetti epressi. Forse la meno riuscita del disco, ma rimane una traccia di tutto rispetto. Le atmosfere si fanno stavolta soffocanti nella cupa "Piglia male", sostenuta da un rapping lento quasi "svogliato" di Neffa e Deda, creando l'episodio più dark del lavoro. Proseguendo troviamo "Fattanza blu", il brano più psichedelico e controverso del disco, in cui Neffa dichiarò di averlo registrato sdraiato per terra sotto effetti di marijuana, con il microfono a pochi centrimetri dalla bocca, con intento di creare un effetto più "stupefacente" al risultato. La produzione musicalmente sembra fare il filo ad un certo gusto prog, oserei dire Pink Floyd-esco, specie nella lunga parte centrale arricchita da suoni che sembrano provenire da un'altra galassia. A chiudere le danze ci pensa "La notte", strumentale reprise di "Senti come suona", in cui ritroviamo il sax a cimentarsi in un solo di oltre quattro minuti, come degna chiusura di questa ipnotica esperienza musicale.

Nel complesso "SxM" è uno dei massimi capisaldi dell'hip hop italiano, una pregiata gemma del genere, che è riuscita ad infuenzare praticamente chiunque sia passato a fare rap negli ultimi 20 anni, e che ancora oggi getta le basi su stile, forma, contenuto, linguaggio e metriche come se fosse uscito ieri.

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